Roma, 8 marzo 2021.
La ricorrenza.
Chi s’interessa di pugilato, magari con qualche primavera sulle spalle, ha sentito parlare più di una volta di <match del secolo>.
Cinquant’anni fa The Fight of the Century si disputa al Madison Square Garden di New York, titolo mondiale in palio nella categoria dei pesi massimi, con protagonisti Joe Frazier e Muhammd Alì.
La storia.
Joe Frazier diventa Campione del Mondo dei pesi massimi nel 1970 dopo aver sconfitto una serie di pugili in incontri di avvicinamento al titolo.
La corona delle due massime categorie, WBA e WBC, è vacante dal 1967 per la nota vicenda di Alì a cui viene tolta la licenza per il rifiuto dello stesso a partire per la guerra del Vietnam.
Tre anni e mezzo dura il calvario di Alì che viene riabilitato nella seconda metà del 1970 e l’organizzatore Jerry Perenchio si butta sull’affare planetario.
Perenchio, impresario californiano di origine italiana, offre ai due pugili una borsa di 2.500.000 di $ a testa, per un affare globale da più di 20.000.000 di $.
L’incontro del secolo viene visto in 50 Paesi collegati, con una stima di circa 300 milioni di persone che seguono il match.
La Rai lo trasmette, via satellite, alle 4,30 del mattino, uno sforzo che non fu fatto per il primo mondiale Benvenuti-Griffith di quattro anni prima…
Frazier, 27 anni, arriva in gran forma all’incontro nella piena maturità atletica e tecnica, mentre Alì, 29 anni, ci arriva dopo soli due combattimenti e come detto tre anni e mezzo di stop.
Poco prima dell’inizio del combattimento le telecamere entrano negli spogliatoi dei due pugili per documentarne lo stato d’animo.
Alì, da grande uomo di spettacolo, fa vedere una busta chiusa dove dice che dentro c’è la soluzione di come andrà a finire l’incontro.
La busta viene aperta e su un foglio c’è scritto che Alì vincerà per KO al 5° round, con lo stesso pugile che ribadisce con la mano il cinque.
Alla quinta ripresa Alì non tira neanche un pugno, Frazier controlla la situazione e la spasmodica attesa, creata ad arte, svanisce al suono del gong…
Il match è vibrante con le cadenze ossessive di Frazier che, incurante dei colpi di sbarramento di Alì, avanza sempre per cercare di colmare la differenza di allungo con il rivale.
Alla quindicesima ed ultima ripresa, quando solo un colpo da KO può dare la vittoria ad Alì, Frazier mette a segno il suo colpo migliore; un terrificante gancio sinistro che manda al tappeto lo sfidante.
Alì si riprende e riesce a chiudere l’incontro in piedi, ma i tre giudici all’unanimità decretano la vittoria di Frazier con punteggi netti: 11-4, 8-6 e 9-6.
Curiosità.
Alì, subito dopo il match, riconosce il valore dell’avversario:<<Adesso sì che sei un vero campione, non bisognerà più dire che sei un dilettante, adesso, non prima, perché prima usurpavi un titolo che io non avevo mai perso…>>.
L’incontro inevitabilmente divide l’America tra gli omologati favorevoli a Frazier ed i contestatori che vedono in Alì il loro simbolo.
Nei 20.000 spettatori del Madison tante le personalità di spicco come Frank Sinatra in veste di fotografo e Burt Lancaster come commentatore di una tv a circuito chiuso.
Proprio Lancaster offre una chiave di lettura interessante sull’organizzazione di un match con il rilancio di una figura come Alì.
<<Alì rappresentava e rappresenta un investimento troppo importante per lasciarlo da parte in un angolo. Il mondo della boxe non attraversa un gran momento, Alì può ancora salvarlo>>.
<<Chi aveva interesse ha lavorato per farlo ritornare a combattere. La boxe professionistica ad alto livello è uno sport che la civiltà delle macchine sta massacrando ed ha bisogno di uno come Alì>>.
Gli interpreti.
Sia Frazier che Alì vengono da due ori olimpici, nel 1960 a Roma nella categoria dei mediomassimi Alì, nel 1964 nei massimi Frazier a Tokyo.
Già all’epoca si pensa che il pugilato non sia più come un tempo ma tutti e due si sono misurati in un contesto dove ci sono atleti come Norton, Foreman, Ellis, Bonavena, Spinks, Holmes, non proprio gli ultimi.
Frazier è timido, introverso, semi-analfabeta, che fa parlare più i pugni che la voce.
Alì un fiume in piena, estroverso, pieno di battute continue, <il labbro di Louisville>, perché non stava mai zitto, che <danza come una farfalla e punge come un’ape>.
Al di là del teatrino, del copione, che si è portato avanti nell’arco delle loro tre sfide sul ring, i due erano veri amici e prova ne fu il funerale di Joe Frazier nel 2011 che vide, tra i tanti, la partecipazione di Alì ormai devastato dal Parkinson.