Racconti di sport

Il Mondiale di Bugno.

Il fuoriclasse che poteva dare di più...

Roma, 17 ottobre 2023.

Domenica 25 agosto 1991 mi trovo in una località collinare della Sabina, lontano dalle alte temperature romane, in attesa di lì a qualche giorno di riprendere la mia attività professionale.
E’ il giorno della prova su strada dei mondiali di ciclismo a Stoccarda e nella quiete del mio buen retiro voglio godermi la corsa, con la fondata speranza per un trionfo azzurro.
All’epoca la mia famiglia è composta dalla mia primogenita di sette anni e mezzo e dal fratellino di poco più di un anno, oltre naturalmente alla mia signora.
Già dalle tre del pomeriggio mi metto davanti al televisore collegato con la mitica voce di Adriano De Zan e con mia figlia a farmi compagnia, mentre mia moglie ed il secondogenito sono a riposare in un’altra stanza.
Le mie speranze di appassionato sono rivolte verso Gianni Bugno, il nostro più accreditato portacolori, dotato di una classe cristallina seppure un po’ incostante.
Bugno è uno di quegli atleti che ti fanno dire spesso che potrebbe fare di più, grandi mezzi tecnici ma non sempre di pari passo con ferocia e determinazione agonistica.
Già da qualche tempo mia figlia conosce le debolezze sportive del padre e senza nessuna costrizione si mette vicino a me a vedere la corsa, riempiendomi di domande, mentre la tensione monta in prossimità dell’arrivo.
Manca poco al traguardo e siamo messi bene con Bugno nella fuga giusta insieme ad altri tre corridori; speriamo in un metallo più pregiato rispetto al bronzo dell’anno prima.
Mia figlia, spontaneamente, si mette seduta sulla mia coscia sinistra proprio mentre Bugno lancia la volata a 250 metri dall’arrivo.
Il nostro regge bene la rimonta dell’olandese Rooks, argento, e del navarro Indurain, terzo, e nella concitazione non mi rendo conto che lancio in aria mia figlia che riesce a planare poi su un morbido tappeto.
Dunque Gianni Bugno Campione del Mondo che rende felice un papà che ha rischiato di far male alla propria figliola, inondata di baci appena recuperata da terra…
Questo lungo preambolo per raccontarvi che esattamente 25 anni fa, oggi, Gianni Bugno chiude la sua carriera ritirandosi nel Giro di Lombardia, la classica delle foglie morte.
Una mesata dopo, nel novembre 1998, entro in contatto con Bugno per un’intervista radiofonica che curai personalmente in una radio romana.
Grande disponibilità di Gianni che apprezzò le mie domande tese a far risaltare il suo essere stato prima uomo e poi corridore, senza citare i soliti riferimenti alle vittorie fin troppo scontati.
Al momento dei saluti rimase meravigliato, incredulo, quando gli raccontai dell’episodio della sua vittoria mondiale, vissuto con mia figlia.
Dalla voce credo gli abbia fatto piacere, dal momento che era fresco genitore del suo primo figlio, magari immaginando di trovarsi anche lui in una simile situazione in futuro.
Chi mi conosce sa che il mio idolo ciclistico è stato Felice Gimondi, ma l’emozione vissuta in quell’agosto del 1991, con la prodezza di Bugno, rimane unica.
Anche perché vissuta con la mia bambina…

 

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