Racconti di sport

Il ritorno di Alì.

Cinquant'anni fa Alì diventa leggenda nel cuore dell'Africa nera.

Roma, 30 ottobre 2024.

 

Cinquant’anni fa, oggi, l’Africa nera, precisamente Kinshasa capitale dell’allora Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, celebra l’evento più straordinario del momento: il campionato del mondo di pugilato, pesi massimi, tra il detentore, il texano George Foreman, e lo sfidante di Louisville, Kentucky, Muhammad Alì, al secolo Cassius Marcellus Clay.

Abbiamo già ricordato cinque anni fa l’evento nel pezzo “La notte di Kinshasa”, ma torniamo sull’argomento per un’altra serie di riflessioni.

Il famoso promoter Don King, alla sua prima organizzazione, conosce già Alì sin dagli anni sessanta quando il nostro è indiscusso campione del mondo della categoria.

In seguito, King, sconta quattro anni di carcere per omicidio colposo ma appena esce diventa un intermediario cruciale del secondo match tra Frazier e Alì del gennaio 1974.

L’idea di organizzare “l’incontro del secolo” in Africa è condivisa dal presidente dello Zaire, Mobutu Sese Seko, che per accendere i riflettori del mondo su se stesso e il suo paese è disposto a pagare 5.450.000 $ ad Alì e altrettanti a Foreman.

Altro che ritorno nostalgico alle radici di madre Africa…

Il match è in programma per il 25 settembre 1974 ma otto giorni prima della data fissata Foreman, mentre si sta allenando, riceve dal suo sparring-partner un’involontaria gomitata in faccia che gli procura un vistoso taglio sul sopracciglio destro.

L’episodio crea una serie di mugugni, malintesi, ipotesi di ritorno negli Stati Uniti rinunciando a tutto, ma la ferma opposizione di Mobutu, che minaccia gli arresti domiciliari ai due pugili per non farli andar via, fa sì che si trovi l’accordo per un rinvio al 30 ottobre.

Foreman si chiude in isolamento, Alì invece convoca conferenze stampa e gira in continuazione Kinshasa promuovendo l’incontro e se stesso.

Alì vive la realtà del popolo africano, si reca in posti dove non esiste elettricità e men che meno un televisore però tutti lo conoscono.

Alì è l’eroe dei più deboli, dei diritti civili, mentre Foreman è il “finto nero” ostaggio dei bianchi.

<Foreman non può farcela, tutti parlano di quanto sia forte, di quanto picchi duro, ma sarò io il nuovo Re>.

Il 30 ottobre 1974 alle quattro del mattino, per favorire la visione del match negli Stati Uniti alle ore 22, Alì parte subito in tromba, nella prima ripresa, stampando un diretto alla parte alta della testa di Foreman proseguendo il round con il suo solito incedere danzante.

Dalla seconda ripresa però Alì comincia ad appoggiarsi sulle corde e gestisce i continui assalti di Foreman che lo bombarda a ripetizione.

Angelo Dundee, manager e tecnico di Alì, insieme a Bundini Brown, aiutante, sono attoniti ed invitano il loro pugile a non farsi pestare incollato alle corde.

<Devi muoverti, punta sul gioco di gambe per sei/sette round in modo da sfinire Foreman e poi passare all’offensiva>.

Niente da fare, Alì imperterrito porta avanti la sua strategia condita anche da frequenti jab sinistri di sbarramento che pian piano segnano visibilmente il volto di Foreman mentre lui, proteggendosi con gli avambracci alti, riesce a resistere bene.

Il campione dopo sette riprese comincia a mostrare i segni della fatica ed all’ottavo round una combinazione a due mani di Alì spedisce al tappeto Foreman ormai cotto a puntino.

Un boato pazzesco squarcia la notte di Kinshasa, dove tutti i presenti allo “Stadio del 20 maggio” in un unico coro strillano:<Alì boma ye>, Alì uccidilo.

Molti eventi sportivi hanno eccitato e continuano ad eccitare l’immaginazione umana, ma nessuno ha scatenato l’entusiasmo planetario dell’incontro di Kinshasa.

Nel 1974 nel giro di tre mesi Richard Nixon, potente presidente degli Stati Uniti, in seguito allo scandalo Watergate, si dimette dalla presidenza e Alì riconquista la “sua” corona.

<Impossibile è solo una parola grossa pronunciata da piccoli uomini. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione, non è una regola. E’ una sfida, impossibile non è per sempre. Impossibile è niente. Sul ring non c’è niente di male ad andare al tappeto. E’ sbagliato rimanere a terra>.

Muhammad Alì da ex spaccone diventa uomo saggio, promotore di pace e solidarietà.

 

 

FOTO:   Alì la leggenda  –  Gazzetta dello Sport.

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