Roma, Sabato 19 novembre 2016 – Oggi pomeriggio l’Italia, un po’ acciaccata dopo la sfida romana agli All Blacks, affronterà allo Stadio “Artemio Franchi” di Firenze il Sudafrica nel secondo test match di novembre.
L’occasione è propizia per rimembrare un evento unico a cui ebbi la fortuna di assistere dal vivo. Era il 12 novembre del 1995, lo stadio Olimpico di Roma si apriva al grande rugby, quello i cui destini si accavallarono con le sorti del mondo sul finire del XX secolo. L’Italia si stava pian piano, con fatica, facendo spazio sulla scena internazionale e quel giorno affrontava gli Springboks freschi vincitori della 3° edizione della Coppa del Mondo, organizzata in casa; era proprio la squadra immortalata da Clint Eastwood nel bellissimo film “Invictus”, che Nelson Mandela con l’appoggio del capitano François Pienaar seppe trasformare in formidabile strumento di unificazione nazionale della Rainbow Nation, la nuova Repubblica sudafricana, sulle note di “Nkosi sikelele Africa”. Il focolaio di crisi politiche e sociali che aveva infiammato per decenni l’Africa australe, con riflessi geopolitici globali, si spense per incanto grazie a un drop di Joel Stranski. Ma questo è già noto…
Nell’autunno di 21 anni fa quella squadra che della riconciliazione sudafricana fu simbolo – sicuramente enfatizzato, visto che era composta pressoché integralmente da afrikaner, con l’unica eccezione coloured rappresentata dall’ala Chester Williams – venne in Europa per un breve tour di passerella da campioni mondiali, due match contro Italia e Inghilterra (poi entrambi vinti, per la cronaca). Per gli azzurri era il primo test match ufficiale concesso. Chi scrive, all’epoca soldato di leva, aveva ottenuto una licenza breve e con tre biglietti di Tribuna Tevere occupava emozionato i posti assieme all’allora fidanzata (oggi moglie) e al bambino (oggi affermato manager negli U.S.A.), compagno di stadio in quegli anni nei Distinti Ovest per seguire l’amata S.S. Lazio.
Vale la pena di ricordare le formazioni:
ITALIA: Massimo Cuttitta (capitano), Orlandi, Properzi-Curti, Pedroni, Giacheri, Giovanelli, Sgorlon, Arancio, Troncon, Dominguez, Mazzucato, Francescato, Bordon, Vaccari, Williams (allenatore George Coste).
SUDAFRICA: Van der Linden, Dalton, Laubsche, Wiese, Andrews, Kruger, Van Heerden, Pieenar (capitano), Van der Westhuide, Stransky, Williams, Le Roux, Mulder, Small, Joubert (allenatore George Moir “Kitch” Christie)
Il match si chiuse con un 21-40 (6-17 il parziale), ma gli azzurri a trazione veneta si fecero onore; due parole di affetto per Ivan Francescato, con la consolazione di aver potuto vedere dal vivo, per quell’unica volta, la sua straordinaria fantasia nei movimenti.
Resta nella storia il secondo tempo del riscatto azzurro, con le due mete di Arancio e Orlandi, una delle quali trasformata da Diego Dominguez (che mise a segno nella partita anche tre calci piazzati) , e soprattutto la breve frazione di gioco, tra il 14’ e il 19’, in cui l’Italia con scatto d’orgoglio tenne sotto nel punteggio i Campioni del Mondo, smacco per i sudafricani solo in parte lenito dal successo finale.
Vale la pena rileggere la cronaca, intitolata “Cinque minuti in paradiso”, che il compianto Corrado Sannucci scrisse sulle pagine di Repubblica, cristallizzando come quel giorno il XV azzurro divenne “quasi Invictus”.