Roma, 15 marzo – Era un tipico giorno invernale, con nubi nere, basse e pioggia ad intermittenza che costrinse tutti a tirare fuori dal cassetto i famosi impermeabili da stadio di plastica gialla trasparente o azzurra, che andavano per la maggiore in quei primi anni ‘80. Li vendevano tutti, fuori dallo stadio e se pioveva le bancarelle facevano affari.
La copertura sull’Olimpico era ancora di là da venire e se pioveva ti bagnavi come un pulcino e la partita la vedevi tra i varchi che si aprivano tra un ombrello e l’altro.
Tre domeniche prima, la Roma di Liedholm e Falcao, Di Bartolomei e Pruzzo, Bruno Conti e Nela, si era laureata Campione d’Inverno chiudendo il girone di andata con 22 punti, uno in più del Verona (secondo a 21), tre in più dell’Inter (terzo a 19) e ben quattro in più della Juve (quarta a 18). La terza giornata del girone di ritorno, sulla sua strada, metteva la Sampdoria di Ulivieri, al suo primo campionato di A dopo la parentesi delle cinque stagioni vissute in B dal 1977 al 1982. All’andata i liguri si erano mostrati molto ostici per quella Roma, che avevano sconfitto per 1-0 con un gol di Mancini che aveva fatto muovere pesanti critiche alla scelta di Liedholm di schierare Di Bartolomei nel ruolo di libero.
“Quella, però, fu l’unica partita di quel campionato in cui Vierchowod, il nostro principale difensore, superò la metà campo per andare in attacco – ci raccontò proprio Liedholm anni dopo – e così, quando perdemmo palla, Di Bartolomei si trovò a tu per tu con Mancini, che era più veloce di lui. Al rientro negli spogliatoi ordinai a Vierchowod di non superare mai più il centrocampo per tutto il resto della stagione, perché lui, veloce come era, doveva presidiare sempre la nostra area. Così fece e gol del genere non ne prendemmo più. Anzi, vincemmo lo scudetto”.
Già e una delle tappe fondamentali di quel cammino trionfale fu proprio la gara di ritorno all’Olimpico contro la Sampdoria, che schierava alcuni ex giallorossi ben desiderosi di farsi rimpiangere: Paolo Conti (da qualche giornata tornato tra i pali a causa dell’indisponibilità del titolare Bistazzoni); Domenico Maggiora, grande amico di Falcao, quel giorno assente per la squalifica rimediata dopo l’espulsione col Cagliari di due domeniche prima; Dario Bonetti, momentaneamente alla Samp in seguito allo scambio proprio con Vierchowod. Nella Roma, a parte il brasiliano (come al solito sostituito da Valigi) erano tutti presenti, tanto che quella formazione, per chi ha vissuto quei tempi, è ancora oggi facilmente recitabile a memoria: Tancredi, Nela Vierchowod, Ancelotti, Valigi, Maldera, Conti, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei, Iorio. E proprio quest’ultimo, il folletto col n.11 sulla schiena, al 36’ divenne il protagonista della gara. Dopo una serpentina con la palla al piede al limite dell’area doriana sotto la curva nord, infatti, scoccò un destro rasoterra che si insaccò nell’angolino basso alla destra di Paolo Conti. Sembrava il via ad una goleada e, invece, fu la rete di una vittoria striminzita e sofferta, che però consentì alla Roma di allungare il passo rispetto a Juve e Verona (impegnate nello scontro diretto a Torino, finito 0-0) e di respingere l’assalto dell’Inter, vittoriosa a S.Siro col Cagliari per 2-0.
Delle tre, solo la Juve le avrebbe conteso lo scudetto fino alla fine.