Krol e Passarella: i due capitani

Il tulipano e il caudillo. I due capitani così diversi, della finale del mondiale del ’78.

Roma, 26 dicembre 2020 – Ruud Krol e Daniel Passarella. Il tulipano e il caudillo. I due capitani, così lontani e così diversi, della finale di Argentina ’78.

Compassato, elegante, signorile e quasi altezzoso l’olandese Krol. Grintoso, caldo, provocatore e anche scontroso l’argentino Passarella (nella foto).

Insieme hanno vissuto il Mondiale della vergogna, quello di Argentina ’78.

Il Mondiale al quale gli olandesi non volevano andare ma che, poi, hanno perso in finale proprio contro l’Argentina.

Durante quel Mondiale i diversi stili di gioco, di vita, di pensiero e di azione di Krol e Passarella vennero alla luce in tutta la loro evidenza.

Krol era uno dei reduci della grande Olanda del ’74, che in Argentina fece il suo canto del cigno. Da terzino qual’era in Germania quattro anni prima si era trasformato in un lussuoso libero.

Lo stesso ruolo che, nell’Argentina, ricopriva Passarella, detto “el caudillo” per la sua abilità nel comando non solo del reparto difensivo, ma dell’intera squadra.

Entrambi erano leader, ma in modo diverso.

Quasi sottovoce Krol. Con “garra” tutta argentina Passarella. Uno di quei tipi che se li incontri di notte per strada cominci a fartela sotto.

Durante quel Mondiale Krol fu anche vigliaccamente fatto oggetto di un articolo “lecca-regime” di un giornale di Buenos Aires nel quale gli si faceva dire che le storie che si raccontavano nel Mondo sulle atrocità della dittatura argentina non erano affatto vere.

E poi anche che in Argentina i militari avevano accolto la sua Olanda con i fiori nei fucili. Che lì tutto era bello e perfettamente democratico.

Ovviamente l’intervista era totalmente inventata e l’Olanda minacciò di ritirarsi dal Mondiale ‘78 se giornalista e giornale che l’avevano pubblicata non l’avessero smentita.

Cosa che puntualmente accadde, perché il regime aveva tutto l’interesse che il Mondiale ‘78 si svolgesse in apparente regolarità e che, ovviamente, l’Argentina lo vincesse.

Come poi, anche in tal caso, puntualmente accadde.

Cosi Passarella alzò al cielo la coppa intrisa del sangue dei desaparecidos e, per questo, in seguito definita “della vergogna”. Proprio come quel Mondiale del ’78.

Anche se qualche anno dopo, quando venne a giocare in Italia, nella Fiorentina prima e nell’Inter poi, dichiarò che lui, come i suoi compagni di nazionale, del dramma che stava vivendo l’ Argentina in quegli anni non sapeva nulla.

Eppure alcuni di quei compagni di cui parlava, con in testa Kempes e Luque, gli attaccanti che trascinarono l’Argentina al successo e lo stesso Ct Menotti, si rifiutarono di stringere la mano ai dittatori gongolanti in tribuna al momento della premiazione.

Anche Krol, dopo due anni da quei fatti, venne a giocare in Italia, a Napoli. Una città che gli ha lasciato ricordi meravigliosi e dove lui stesso ha lasciato tante nostalgie.

Al punto che solo l’arrivo di un grandissimo come Maradona poteva scalzarlo dal podio degli stranieri beniamini dei tifosi azzurri.

Maradona, già, cuore “Boca” per eccellenza che per quei Mondiali del ’78 non era stato convocato forse anche su pressione del regime e che con Passarella (cuore River Plate) non si è mai preso.

Come impongono le regole di uno dei derby più caldi e sentiti del mondo: quello di Buenos Aires tra Boca Juniors, appunto e River Plate.

Tanto che le polemiche a distanza tra il “Pibe” e il “Caudillo”, in Argentina, hanno spesso infiammato i dibattiti sportivi e non.

E forse ancora li infiammano. Perché Maradona e Passarella hanno davvero incarnato le due anime dell’Argentina.

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