Roma, 31 marzo 2021 – Primavera 1978. Il Ct della nazionale Enzo Bearzot dirama il “listone” dei 40 pre-convocati per il Mondiale in Argentina.
Ben 18 di quei 40 azzurrabili appartenevano alle due squadre torinesi, che in quella seconda metà degli anni ’70 si contendevano spesso e volentieri lo scudetto.
A guidarle erano due allenatori milanesi, Giovanni Trapattoni (la Juventus) e Luigi Radice (il Torino), che alle rispettive squadre avevano donato la concretezza del loro carattere.
Anche se la Juventus giocava più all’italiana e il Torino cercava maggiormente di imitare la grande Olanda del gioco totale.
Due squadre che erano composte da tantissimi campioni. Come testimonia il “listone” di Bearzot.
Undici erano della Juventus: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Gentile, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Fanna, Benetti, Bettega. In pratica tutta la squadra tranne capitan Furino.
Sette del Torino: Mozzini, Patrizio Sala, più tutta la linea offensiva, dalla maglia n.7 alla 11 ovvero Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici.
Cinque del Milan: Albertosi, Capello, Aldo Maldera, Bet e Collovati.
Quattro dell’Inter: Bordon, Canuti, Oriali e Facchetti, che in Argentina sarebbe andato come capitano non giocatore.
Tre della Roma (Paolo Conti, Di Bartolomei e Santarini); 2 del sorprendente Perugia (Bagni e Novellino); del Napoli (Savoldi e Pin) e della Fiorentina (Galli e Antognoni).
Uno ciascuno per il Bologna (il povero Bellugi); il Genoa (Pruzzo); il L.R.Vicenza (Paolo Rossi) e la Lazio (Manfredonia).
La stampa e i tifosi romani spingevano per avere al Mondiale due dei loro migliori rappresentanti: Di Bartolomei e Manfredonia.
Ma al romanista Bearzot preferì l’acciaccato Antognoni (che poi si rimise fisicamente a posto in Argentina) e al laziale, che giocava ancora come stopper, il veterano Bellugi.
E così facendo si attirò le critiche e le contestazioni di tutto l’ambiente capitolino.
Al Mondiale, poi, l’Italia arrivò quarta, anche per colpa di un po’ di sfortuna.
In quel “listone” dei 40 c’era la gran parte dei giocatori che hanno scritto la storia del nostro calcio degli anni ’70.
Nei quali le frontiere erano ancora chiuse e in campionato giocavano formazioni di soli italiani che, anche per questo, oltre che per le maglie dalla 1 alla 11, ricordiamo ancora a memoria.
E a distanza di 43 anni da allora le recitiamo come delle vere e proprie cantilene.
Le preghiere laiche di quel rito domenicale che era l’italico pallone negli anni più belli che ha vissuto: i favolosi ’60, i duri ’70 e gli indimenticabili ’80.