Roma, 14 novembre 2018 – L’anno 1973, relativamente alla nostra Nazionale di calcio, è stato un anno decisamente positivo chiuso il 14 novembre con la prima vittoria contro l’Inghilterra nel magico scenario di Wembley.
Quarantacinque anni fa gli Azzurri ricambiarono la visita che gli inglesi ci fecero a giugno dello stesso anno, per festeggiare i 75 anni di vita della Federazione italiana gioco calcio; un’amichevole, quella novembrina, che veniva dopo la qualificazione italiana alla fase finale dei mondiali di calcio, che si sarebbero disputati in Germania a giugno del ’74, mentre gli inglesi subirono lo smacco di una dolorosa eliminazione subita dalla Polonia maturata proprio sul terreno amico di Wembley.
I padroni di casa sempre molto determinati anche nelle gare più insignificanti, a maggior ragione volevano riscattare, con una grande prestazione, la mancata qualificazione ai mondiali contando anche sull’imbattibilità interna nei nostri confronti.
Ho già scritto qualcosa su questa partita circa tre anni fa ed al di la di quello che ho raccontato precedentemente voglio sottolineare la differenza che oggi si avverte nei confronti della Nazionale.
E’ sempre scivoloso il dover descrivere qualcosa che appartiene al nostro passato come se quell’epoca fosse la migliore, specialmente nel rapporto con giovani generazioni che spesso non capiscono, non si rendono conto, di cosa si parli.
Possiamo però ribadire che il senso d’appartenenza, parliamo in questo contesto “solo” di calcio, una volta era totale; guai a perdersi una sola gara della Nazionale, con un tifo discretamente trasversale che oggi è un’utopia assoluta. La Rai che all’epoca non aveva nessun tipo di concorrenza, in totale assenza di network, tv satellitari, internet e quant’altro, faceva ascolti “bulgari” con le partite della Nazionale.
Tornando alla presentazione della gara del ‘73, da ambo le parti, ci fu un’enfasi straordinaria carica di profondi significati come: “la sfida nel tempio di Wembley”, “il calcio all’italiana contro la superiorità tecnica degli inglesi”,”stasera allo stadio circa 120.000 spettatori, 90.000 gentlemen e 30.000 camerieri”.
Alla fine fu delirio azzurro, col goal-vittoria di Fabio Capello al 86° che ribattè in rete una corta respinta del portierone inglese Shilton su tiro violentissimo di Chinaglia.
Devo dire che, rivedendo la gara, l’impostazione tattica del nostro modo di fare calcio era univoca, cioè difesa solidissima ad oltranza e capacità chirurgica di colpire in contropiede; tuttavia mi permetto di contestare la presunta superiorità tecnica degli inglesi, in quella amichevole, dal momento che avevamo qualche giocatore niente male come Rivera, Causio, Zoff, Facchetti, Capello e soprattutto Gigi Riva, “Rombo di Tuono” come lo battezzò Gianni Brera.
Insomma trentanove anni dopo la battaglia di Highbury, nello stesso giorno dove da neo-campioni del mondo sfidammo “i maestri inglesi” a Londra perdendo 3-2 giocando per più di un’ora in 10, tornammo dall’Isola con la prima grande soddisfazione calcistica riscattando il disagio dei nostri connazionali più volte vessati a livello sociale.
A livello calcistico certificammo il definitivo declino della perfida Albione del C.T. Sir Alf Ramsey, rimandando il nostro a qualche mese dopo durante i mondiali tedeschi, ma questa è un’altra storia.