La scomparsa di Pino Wilson.
Se ne va il Capitano del primo scudetto biancoceleste.
Roma, 6 marzo 2022.
<Come può uno scoglio arginare il mare…> è la splendida metafora dell’ineluttabilità della vita, certificata da una splendida canzone del grande Lucio Battisti.
Il sipario della vita si è chiuso stanotte nel percorso di Giuseppe “Pino” Wilson, colpito da un ictus con un tempismo che ha ricordato i suoi spettacolari interventi da calciatore.
Niente lasciava presagire criticità di questo tipo, tanto che “il Capitano” collaborava fattivamente come opinionista, nell’etere romano, nel raccontare la sua Lazio.
Pino Wilson diventa Capitano al terzo anno di Lazio, all’alba del campionato di serie B 1971/1972, impostato nel ruolo di libero da Maestrelli.
Comincia un percorso, sia umano che tecnico, che lo porterà a vincere un incredibile scudetto, nel 1974, insieme ad una banda di masnadieri e ad un maestro di vita.
Wilson era un atleta assolutamente normale dal punto di vista fisico, farebbe fatica nel calcio iper-muscolare dei nostri giorni, ma dotato di intelligenza tattica non comune.
Come detto la sua peculiarità era il tempismo, arrivava con il suo tackle scivolato risolvendo situazioni al limite del pericolo ed era dotato anche di una buona tecnica.
Gli allenamenti sotto la guida di Maestrelli, nel civettuolo impianto di Tor di Quinto, erano lontani anni-luce dalle esasperazioni tecniche ed atletiche d’oggi.
La semplicità ed il segreto dell’epoca erano le partitine durante la settimana con ruoli invertiti, gli attaccanti facevano i difensori e viceversa con la sola eccezione di Chinaglia…
Poi si giocava rigorosamente a due tocchi, per cui il possesso palla era frequente ed il movimento fisico continuo.
Pino Wilson, all’epoca, era uno dei pochi calciatori istruiti, laureato in legge, e la sua intelligenza era palpabile soprattutto nei comportamenti verso il mondo arbitrale.
Una volta Panzino, arbitro della partita scudetto del maggio 1974, disse:<Quando fischiavo qualche intervento contro la Lazio c’era Wilson che mi veniva incontro e sembrava che volesse aggredirmi ma si inchiodava ad un metro da me, con le mani dietro la schiena, e chiedeva spiegazioni educatamente. Non potevo non dargliele…>.
Un altro pezzo di quella pattuglia che ha sconvolto, in quel periodo, le gerarchie nazionali e cittadine se ne è andato e la cosa incredibile è che verrà tumulato nella cappella della famiglia Maestrelli nel cimitero di Prima Porta.
Massimo Maestrelli, unico superstite della famiglia, ha avallato questa scelta con la consueta sensibilità che lo ha sempre contraddistinto, favorendo un ideale ricongiungimento con il suo maestro,Maestrelli, ed il compagno di campo Giorgio Chinaglia.