Lo Scudetto e il divorzio…

Ricordo di una fantastica domenica di maggio.

Roma, 12 maggio 2019

Il racconto di cui vi faccio partecipi è relativo a 45 anni fa, anche allora era domenica, in una giornata con due eventi particolari per la città di Roma, teatro della storia, e cioè l’attesa febbrile per la partita di calcio Lazio-Foggia del pomeriggio, decisiva per il conseguimento del primo scudetto biancoceleste, e le consultazioni elettorali riguardanti il referendum abrogativo della legge istitutiva del divorzio entrata in vigore nel dicembre del ‘70.
Il protagonista della nostra novella è un ragazzo, da poco maggiorenne, in attesa di sostenere di lì a poco gli esami di maturità come ragioniere ma che non pensa minimamente agli esami scolastici perché in testa ha solamente una cosa: la LAZIO.
E quello è il giorno, non facciamo scherzi, perché già l’anno prima il sogno dello scudetto era svanito nella Napoli tutt’altro che idilliaca delle cartoline illustrate col Vesuvio e Posillipo.
L’evento del referendum era assolutamente marginale perché le votazioni erano spalmate su due giorni e poi il nostro non poteva votare perché solo nel giugno del ’76 fu consentito ai diciottenni di potersi esprimere nelle consultazioni referendarie.
L’attesa era snervante, sin dalle prime ore del mattino, alleggerita da una frugale colazione che rimarrà il pasto principale di tutto il giorno dal momento che lo stomaco era contratto dalla tensione. La partita iniziava alle ore 16 ed a Roma quel giorno sembrava già estate, con l’accesso allo stadio Olimpico zeppo di gente che aveva con se qualsiasi segno di riconoscimento biancoceleste, dai cappelletti, alle sciarpe, alle magliette, alle bandiere.
L’approdo in curva Nord avvenne intorno alle 11,00 (!), ben cinque ore prima ingannando il tempo, facendo finta di niente, con la paura che qualcosa non andasse per il verso giusto invidiando tante persone vicine che trasudavano ottimismo e sicurezza; ma la beffa dell’anno scorso allora?
Inizia la gara finalmente ma la Lazio è contratta, nervosa, palesemente condizionata dall’obiettivo a portata di mano e particolare non trascurabile il Foggia si stava giocando anch’essa la vita e cioè la permanenza in serie A.
Unico sussulto a metà del primo tempo un palo colpito da D’amico, per il resto quasi nulla che ricordasse il bel gioco, la determinazione mostrata per tutto l’anno dalla Lazio.
La ripresa ribadisce lo stesso canovaccio ed allora cominciano tutti i riti scaramantici che in tante occasioni hanno portato bene come il cambio dei posti, l’ordinazione del caffè Borghetti dallo stesso bibitaro della precedente partita, per non parlare del vestiario con persone che indossavano capi invernali portafortuna con fuoriuscita di bolle ed attacchi di rosolia!
Allo scoccare dell’ora di gioco il fato si ricorda dei laziali e l’arbitro Panzino concede un rigore alla Lazio; ovviamente sul dischetto tocca a Chinaglia, l’eroe biancoceleste, l’Orlando furioso de’ noantri, che prende il pallone in un silenzio spettrale. Nei pochi minuti che passano prima del tiro dagli undici metri il pensiero va a 74 anni di storia, alle delusioni ed umiliazioni subite, agli improbabili campi della serie B frequentati e naturalmente a chi non c’è più.
Giorgione trasforma il rigore e mezz’ora più tardi da “Tutto il calcio minuto per minuto” Enrico Ameri pronuncia le parole che rimarranno indelebili nei secoli: sono le 17,45 del 12 maggio ’74 la LAZIO è Campione d’Italia!
Incredibile, solo ad ipotizzarlo due anni prima, al ritorno in A dal purgatorio della B, sarebbe stato da chiamare la Croce Verde…ed allora inizia la festa tra un diluvio di lacrime ed abbracci vari con l’amico di sempre con cui il nostro aveva condiviso il dramma dell’anno prima a Napoli.
Il ritorno a casa è delirante nel senso che il tragitto dallo stadio al quartiere Trieste, residenza del nostro protagonista, è immerso nel pieno di caroselli da parte di una tifoseria impazzita che si è letteralmente appropriata dell’intera città. L’avvicinamento a casa avviene su una A112 guidata da un terzo soggetto con l’attore della nostra storia che stava davanti, vicino al guidatore, completamente fuori dal finestrino con una bandiera in mano incurante del pericolo che quella posizione potesse portare.
Appena giunti in zona Piazza Annibaliano due signore anziane, di cui una con un cappellino che ricordava la romantica donna inglese rappresentata comicamente da Enrico Montesano, vedendo tanta manifestazione di felicità (eufemismo..) e rischiando di finire sotto la vettura, chiedono chi avesse vinto nelle consultazioni referendarie sul divorzio non immaginando minimamente che l’esaltazione espressa da quei ragazzi era di tutt’altro genere…
La risposta del nostro non fu riportata dai verbali dell’Accademia della Crusca: “a signò ma che c…zo ce frega del divorzio, avemo vinto lo Scudettooooo!”
Ripensandoci più volte negli anni a venire certo la reazione non fu impeccabile, però pure l’anziana signora che chiedeva il risultato elettorale, quando le votazioni si sarebbero chiuse il giorno successivo alle ore 14, non ci stava con la testa e poi veramente poteva essere paragonabile tutto il resto rispetto allo scudetto della Lazio?
Un anno domini, il 1974, per il nostro attore che successivamente si diplomò e che visse un’estate da assoluto protagonista, gonfiando il petto ogni qualvolta si parlasse di calcio, da Campione d’Italia da evidenziare in ogni angolo della penisola non immaginando che quarantacinque anni dopo avrebbe maldestramente raccontato questa storia.
Un ultima annotazione. Oggi è anche il compleanno di chi mi sta vicino e mi sopporta da 43 anni e nel perdonarla per l’ardire di essere nata proprio il 12 maggio voglio ringraziarla pubblicamente per come si è dedicata (e si dedica ) giornalmente ad un malato terminale di LAZIO….

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