Milano, la Lazio e…Gimondi.

Mezzo secolo fa una giornata particolare di un quasi maggiorenne.

Roma, 18 marzo 2024.

 

Cinquant’anni fa, oggi, mi trovo sul rapido Milano Centrale-Roma Termini di ritorno da un fine settimana trascorso nel capoluogo lombardo.

La trasferta è una sorta di regalo anticipato che mio padre vuole farmi per il mio ingresso nella maggiore età di lì a qualche giorno.

Lunedì 18 poi non si va a scuola, si fa ponte, perché l’indomani, martedì 19, prevede la ricorrenza di S. Giuseppe che allora si festeggiava con la chiusura delle attività.

Ma soprattutto l’occasione, il regalo, è rappresentato dalla partita Inter-Lazio in programma domenica 17 a S. Siro.

Dire che sono emozionato, uno stato di fibrillazione continua, è dir poco.

Per la prima volta alla “Scala” del calcio a seguire la mia squadra del cuore in lotta per il sogno scudetto, da non credere…

A Milano siamo ospiti di amici, conosciuti qualche anno prima durante le ferie d’agosto sulla riviera adriatica, che ci fanno da ciceroni verso la città che trovo insolitamente assolata e fuori dai soliti luoghi comuni della nebbia, dello smog e via discorrendo.

La partita non va bene perdiamo 3-1, fornendo una prestazione non proprio all’altezza, al cospetto di un Inter che si toglie una bella soddisfazione contro i primi in classifica.

Sì d’accordo gli amici che ci hanno deliziosamente ospitato, Milano sorprendente, mangiato bene, ma la brutta sconfitta è dura da digerire.

Tornando all’incipit, in tarda mattinata prendiamo il treno di ritorno e sfogliando la “Gazzetta” mi ricordo che proprio oggi, 18 marzo 1974, c’è la Milano-Sanremo.

La classicissima di primavera, insolitamente anticipata di un giorno rispetto al canonico rituale del 19 marzo, è il primo grande appuntamento della stagione e maledizione sono in viaggio e non posso vederla.

Anche mio padre, grande appassionato di ciclismo, smoccola perché non può gustarsi la corsa ma tant’è bisogna rientrare a casa.

Nel nostro scompartimento siamo in compagnia di un solo signore che nelle primissime ore di viaggio non si era molto rivelato, al di là di un paio di convenevoli.

Dall’aspetto sembra essere coetaneo di mio padre e poco dopo le ore 15 tira fuori dal suo soprabito una radiolina.

All’incirca abbiamo superato Bologna ed il tizio in questione accende la sua radio per sentire il collegamento Rai sulla corsa, con radiocronaca di Claudio Ferretti.

Ferretti è l’erede del grande Mario, cantore negli anni cinquanta del Campionissimo: <Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi>.  

Si crea un’intesa spontanea tra noi tre nello scompartimento ed il nostro amico rivela la sua idolatria verso Felice Gimondi, proprio come me.

Felice, fresco Campione del mondo, ha messo nel mirino la Classicissima preparandola meticolosamente contrariamente alle sue abitudini, che di solito, lo portano a raggiungere la condizione ideale ad aprile.

Un Campione del mondo è quasi condannato a lottare per la vittoria, figuriamoci Gimondi a cui manca nel suo palmares questa corsa.

Tuttavia i pronostici non lo danno per favorito, al cospetto di grandi specialisti di classiche come De Vlaeminck, Maertens, Godefroot, Leman, Verbeeck, tenendo anche presente l’eventualità di un arrivo in volata.

Felice però ha deciso che il suo motore diesel può essere scattante anche a marzo e poco dopo Capo Berta dà una trenata delle sue frantumando il drappello al comando composto da una ventina di unità.

Alla frustata di Gimondi resistono Huysmans e De Meyer, che a 25 km. dall’arrivo cedono definitivamente a seguito di un ulteriore scatto del bergamasco.

L’enfasi radiofonica di Ferretti crea nel nostro scompartimento un tifo da stadio che accompagna, idealmente, Gimondi verso l’approdo solitario.

Scollinato il Poggio, Felice pedala ancora forsennatamente e sul rettilineo di via Roma giunge al traguardo con poco meno di due minuti di vantaggio ad una media di oltre 42 km. orari.

E’ un grande trionfo, il coronamento di una grande carriera che gli riserverà ancora grandi soddisfazioni in età più avanzata.

Appena Ferretti certifica la vittoria di Gimondi l’uomo con la radiolina ed io ci abbracciamo calorosamente, con mio padre un po’ più distaccato, come fosse un goal della Lazio.

Appena arrivati a Termini ci scambiammo i numeri di telefono con l’uomo della radiolina, che però non abbiamo più sentito.

Ancora una volta la passione per uno sport, per un campione, ha generato una naturale condivisione come fosse una vecchia e consolidata amicizia.

Per chi scrive un’opportuna consolazione dopo la delusione di S. Siro.

Parecchi anni dopo ringraziai personalmente Felice Gimondi, di quella giornata, quando ebbi modo di fare la sua conoscenza e lui, divertito, si fece una risata.

Il giovanotto, quasi maggiorenne, avrebbe atteso poco meno di due mesi per il sogno scudetto della “sua” Lazio, intanto però che soddisfazione il trionfo di Gimondi nella Classicissima di primavera.

Appena cinquant’anni fa…

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