Roma, 1 ottobre 2020. <<L’altra mattina a Manila sono stato vicino a morire…>>.
<<E’ stato tremendo. Ma vorrei giocarmi ancora l’ultima ripresa. Peccato che mi sono mancati gli ultimi tre minuti…>>.
Queste furono le dichiarazioni rispettivamente di Muhammad Alì-Cassius Clay e di Joe Frazier all’indomani del 1 ottobre 1975.
Sono passati quarantacinque anni da quando i due pugili si contesero il titolo mondiale dei pesi massimi.
Il match fu organizzato da Don King , dopo il trionfo promozionale di Kinshasa dell’anno prima quando Alì riconquistò la corona mondiale contro Foreman.
Don King mise in piedi la terza sfida tra Alì e Frazier a Manila nelle Filippine.
King accettò la scomoda sponsorizzazione di Ferdinando Marcos, dittatore di un paese dove vigeva la legge marziale e sacche di povertà evidenti.
Marcos si accollò la borsa dei due campioni per 12 milioni di dollari volendo dimostrare che Manila e le Filippine tutte erano una piazza sicura per i munifici investimenti stranieri.
La rivalità tra i due pugili era al massimo con punte di vero odio da parte di Frazier che non perdonò mai Alì di averlo tradito chiamandolo Campione dei bianchi.
Frazier inoltre si era battuto per consentire ad Alì di riavere la licenza dopo la squalifica per renitenza alla leva, sostenendolo anche economicamente nei tre anni di fermo.
Alì lo chiamava Gorilla, gli dava dell’ignorante e solo parecchi anni dopo si rese conto, dispiacendosi, di aver esagerato e di come le taglienti parole avessero offeso anche la sua famiglia.
Lo slogan del match fu Thrilla in Manila, una saga per tutte le generazioni fu la copertina di Boxing Illustrated.
L’incontro si disputò a Quezon City, un sobborgo della zona metropolitana di Manila, all’Araneta Coliseum alle 10 di mattina locali (!), sotto un’afa micidiale, per garantire la prima serata in America.
Andò in scena un confronto che nessuno si aspettò con Alì che partì forte e riempì di colpi l’avversario.
Frezier, nella parte centrale del match, con una serie di potenti ganci sinistri recuperò in parte l’iniziale svantaggio.
Dopo il 10° round Alì riprese la sua marcia e tra la 13° e la 14° ripresa, accumulò il maggiore vantaggio.
Massacrò Frazier con una serie ripetuta di colpi che gli fecero perdere il paradenti e lo spinsero sull’orlo del KO.
L’epilogo si manifestò all’angolo di Frazier dove il suo allenatore gli impose di non riprendere il combattimento; un eccesso di prudenza per salvare la vita al suo assistito.
Nell’altro angolo Angelo Dundee, storico assistente-allenatore di Alì, mantenne una grande lucidità.
Cassius Clay, sfinito, non voleva più proseguire ma Dundee sferzò il suo pupillo dicendogli: << alza il culo dallo sgabello e vai al centro del ring, vedrai che sarà Joe a non alzarsi! >>.
Alì dimostrò in quell’incontro, oltre al suo scontato talento, di avere una resistenza ed un cuore enorme.
Una capacità di recupero fuori dal normale per un fisico di quasi 34 anni che mostrava i primi segni di appesantimento.
Una battaglia epica tra due grandi interpreti della categoria, due autentici gladiatori, che combatterono per dimostrarsi l’uno migliore dell’altro.
Le gesta di Alì-Clay sono state più volte tratteggiate su Attualita.it e raccolte sia in <<Racconti di sport>> che in <<Leggende>>.
Lo show che di solito Alì recitava nel dopo-match non andò in onda a Manila per l’estrema durezza dell’incontro stesso, tuttavia rimangono scolpite alcune perle del repertorio del labbro di Louisville.
<< a farmi ammalare non è stata la boxe sono stati gli autografi>>.
<< è difficile essere umili quando si è grandi come me>>.
<< l’avversario più duro? La mia prima moglie…>>.
Muhammad Alì-Cassius Clay, IL PIU’ GRANDE.