PELE’.

Il Mito compie 80 anni.

Pelè e le origini del mito.

Sandro Ciotti, grande giornalista radiotelevisivo, raccontò una volta che quando un atleta ha diversi soprannomi vuol dire che è un grande.

Edson Arantes do Nascimento ne ha almeno quattro: Bilé, O Rey, Perla nera ma soprattutto PELE’.

Il mondo del calcio festeggia oggi gli 80 anni del suo interprete più grande, Pelè, nato a Tres Coracoes, nello stato di Minas Gerais, Brasile.

Lo abbiamo detto tante volte che è ingiusto stilare giudizi, classifiche, sui migliori, in questo caso, calciatori della storia.

Epoche diverse, culture e sistemi di vita differenti, per non parlare più dettagliatamente delle metodologie di allenamento e dell’alimentazione sviluppatesi in maggior misura negli ultimi quarant’anni.

Più passa il tempo poi e più trascuriamo campioni del passato che non abbiamo visto o che le uniche tracce sono riconducibili a ritagli di giornale.

C’è un però che a mio modesto avviso spariglia il tutto e questo però si chiama PELE’.

 

L’esordio e la prima Coppa del Mondo.

Pelè esordisce nel Santos di Rio de Janeiro ad un mese dal compimento del suo 16°compleanno e vince subito il primo titolo paulista di dieci complessivi.

L’esplosione l’anno successivo, a ridosso del 18°anno di età, nei mondiali di Svezia dove entra a torneo in corso e non esce più segnando sei reti di cui due nella finale contro la Svezia.

Il pallonetto sopra la testa su un difensore svedese con cui si libera al tiro per centrare un fantastico goal rimane nella storia della manifestazione.

Il Brasile trionfa vincendo la sua prima Coppa del mondo e Pelè, col suo numero 10, entra di schianto nella notorietà internazionale.

E’ ancora un ragazzino ma regge la pressione con estrema disinvoltura, con allegria, educazione, intelligenza, insomma un fuoriclasse.

 

Caratteristiche del fenomeno.

Tornando ai paragoni possiamo discutere sul genio di Cruijff o Di Stefano o Rivera, sulla potenza di Puskas o Rivelino o Ronaldo il fenomeno, sullo stacco di testa di Charles o Riva.

Pelè era tutto questo; stacco di testa, tiro di destro e sinistro, genialità nelle giocate e grande struttura fisica.

Pelè, a vederlo, esprime gioia, allegria, divertimento, capace di segnare più di 1200 goals su quasi 1400 gare.

 

Ricordi di carriera.

Tra i tanti episodi due, a mio avviso, quelli che mi porto dietro ogni volta che penso a Pelè.

La rete numero 1000 segnata su rigore al Vasco da Gama nel novembre del 1969 e una giocata assurda nei mondiali del 1970 in semifinale contro l’Uruguay del mitico portiere Mazurkiewicz.

In quest’ultimo caso Pelè riceve palla da sinistra, senza toccarla, all’altezza del limite dell’area e la lascia sfilare eludendo l’uscita tempestiva del portiere per poi riprenderla, con una rapida torsione, indirizzandola verso la porta sguarnita.

La sfera esce di un niente, ma lo stadio Jalisco di Guadalajara esplode in un applauso senza fine.

Ventuno anni di carriera terminata nel 1977 nei Cosmos di New York, preludio ad un successivo ruolo di ambasciatore Fifa.

 

Testimonianze.

Tra le innumerevoli testimonianze  segnalo quelle di due personaggi come Tarcisio Burgnich

e Cèsar Luis Menotti

Burgnich, grande terzino azzurro, roccioso e forte di testa, tentò invano di contrastarlo nell’azione della prima rete della finale del mondiale 1970, contro l’Italia, marcata da Pelè proprio di testa.

<<prima della partita mi dicevo che era fatto di carne e ossa, come tutti noi. Mi sbagliavo>>.

Menotti, il Flaco che portò come allenatore l’Argentina al primo titolo nel Mondiale del 1978, sentenziò: <<Pelè si può fermare con un’ascia. Meglio di lui forse Dio. Condizione fisica straordinaria, grande dribbling, tecnica insuperabile>>.

Detto da un argentino…

Un ultimo ricordo. Quando girò il film Fuga per la Vittoria, che narrava di una partita di calcio tra tedeschi e alleati durante il secondo conflitto mondiale, la scena di Pelè che segna in rovesciata il pareggio finale fu buona al primo ciak…

Pelè, un fuoriclasse che è andato oltre.

 

 

 

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