Roma, 16 marzo 2021.
La ricorrenza.
Ottant’anni e non sentirli per una leggenda del calcio laziale e nazionale, Silvio Piola, e per una partita particolare come solo a Roma può essere il derby.
La storia.
Il 16 marzo del 1941 a Roma c’è la partitissima tra biancocelesti e giallorossi, una stracittadina che si annuncia drammatica soprattutto per la classifica della Lazio.
Siamo in tempo di guerra con le nostre truppe impegnate sul fronte d’Albania e in Somalia a fronteggiare le avanzate inglesi, tuttavia il richiamo del derby consente a più di 20.000 spettatori di riempire lo stadio del P.N.F. (partito nazionale fascista).
In un campionato a sedici squadre, a otto giornate dalla fine, la Lazio è terzultima e deve assolutamente evitare di cadere tra le ultime due che significherebbe retrocessione in serie B.
La Roma è in una posizione leggermente più tranquilla, può giocare più serenamente mentre la Lazio, in grave crisi tecnica, è al terzo cambio d’allenatore.
Viene chiamato il fido Canestri, un uomo per tutte le stagioni, a pilotare una barca in difficoltà.
La gara inizia e dopo una ventina di minuti primo colpo di scena: in un duro scontro con lo stopper giallorosso, Piola crolla a terra con la fronte squarciata e il viso completamente insanguinato.
Il prof. Bani, medico sociale laziale, lo soccorre negli spogliatoi con la squadra momentaneamente in dieci.
La ferita è profonda, il sangue non cessa di fuoriuscire dalla fronte, ma Piola non ci pensa minimamente di dare forfait e chiede al professore di provvedere in tal senso.
La ferita viene chiusa con quattro grappette (!) e dopo circa dieci minuti il centrattacco ritorna in campo, tra l’ovazione dei tifosi laziali, con la testa avvolta in un bendaggio enorme.
La gara va avanti con Piola che si defila sull’ala destra, lasciando ad un altro compagno la posizione di centrattacco.
A una manciata di secondi dal riposo l’ala biancoceleste Zironi scatta e mette al centro un cross tagliato su cui Piola si avventa con grande furore e con la fronte insacca anticipando l’intervento del portiere Masetti.
Dimentico della ferita alla fronte, Piola crolla a terra urlando dal dolore con le grappette completamente affondate nella carne e la benda che da bianca diventa rosso sangue.
L’intervallo giunge a proposito e oltre al prof. Bani anche i compagni di squadra insistono sul centrattacco affinchè non rientri, tanto più che la Lazio è in vantaggio.
Il Silvio Nazionale non sente ragioni e rientra in campo, ma si vede che non è al meglio.
La copiosa perdita di sangue e lo stato fisico di parziale indebolimento lo relegano ai margini della manovra laziale.
Più che altro si punta sul blasone del giocatore per tenere all’erta gli avversari.
A dieci minuti dalla fine Piola raccoglie le ultime forze rimastegli e scatta su un lancio in profondità del collega d’attacco Vettraino.
Addomestica il cuoio e sferra una staffilata di sinistro, seppur pressato dallo stopper Donati, che buca per la seconda volta Masetti.
Apoteosi in casa laziale e vittoria che risulta decisiva ai fini di una salvezza che viene faticosamente conseguita all’ultima giornata di quella stagione.
Curiosità.
All’epoca le sostituzioni erano di là da venire e spesso capitava che giocatori condizionati da gravi infortuni venissero spostati all’ala, di fatto non uscendo mai.
La doppietta di Piola scatenò l’enfasi della prosa sportiva con il mai tanto abusato: PIOLA batte Roma 2-0.
Gli interpreti.
Parliamo di un calcio eroico con protagonisti entrati nella leggenda delle due squadre romane.
Calciatori come Krieziu, Amadei, Masetti, Pantò, che l’anno successivo avrebbero portato il primo scudetto alla Roma.
Da parte laziale Gradella, Monza, Flamini e naturalmente Silvio Piola, protagonisti qualche anno prima nella stagione ‘36/’37 di un secondo posto a soli tre punti di distacco dal Bologna “che tremare il mondo fa”.
C’era un rapporto diretto, viscerale, con i giocatori dell’epoca che è durato almeno fino all’inizio del boom economico.
Era abbastanza usuale vedere i protagonisti della pedata in mezzo alla gente, magari sullo stesso tram che li avrebbe portati allo stadio.
Di Piola si narra che in diverse occasioni arrivasse allo stadio a pochi minuti dall’inizio della partita, magari reduce da una battuta di caccia di cui era fortemente appassionato.
Poco prima della conquista del primo scudetto della Lazio, nel 1974, un anonimo tifoso, un laziale qualunque, gli dedicò una poesia in romanesco con accompagnamento musicale.
Un ricordo dei tempi che furono, sia del calciatore che del personaggio Silvio Piola.
Tra i tanti versi il tifoso-narratore recitò:<adesso caro Silvio la tua maglia è in mano bone perché dentro ce sta er core de Chinaglia, che insieme a tutti li compagni sui ci regalerà un tuo sogno: ER TRICOLORE!>.
Nostalgia di bei tempi andati…