Ma il ragionamento può essere anche sviluppato al contrario, ossia una persona che nella vita si costruisce un percorso virtuoso nella stragrande casistica può avere grandi chance anche nello Sport.
Ho fatto questo preambolo perché quando il mondo incensa le gesta di un personaggio sportivo vincente, sia esso atleta o allenatore, si va quasi sempre sull’impresa del momento, sull’emozione di quel risultato che ne ha determinato la vittoria.
Il caso di Diego Pablo Simeone, argentino, è emblematico addirittura si è creato un neologismo nuovo per spiegarne il fenomeno: il “cholismo”, da cholo che è il diminutivo di Simeone.
A beneficio di quei due o tre che non sanno di cosa parliamo, Diego Pablo Simeone è il tecnico dell’Atletico Madrid che ha compiuto l’impresa di eliminare la corazzata Bayern Monaco di Guardiola, accedendo alla finalissima di Champions di calcio del 28 maggio prossimo a Milano.
La grancassa mediatica che è partita è tutta sull’interpretazione del modo di fare calcio di Simeone, che non appartenendo ad una squadra dai grandi fatturati e di conseguenza non avendo Campionissimi in rosa, si adatta, per meglio dire s’ingegna, a produrre calcio in una certa maniera; il concetto di calcio di Simeone è pragmatico, non centra niente la fesseria del cholismo perché le idee del tecnico sono volte al pratico, all’essenziale.
Il gioco viene sviluppato tramite l’idea di una base difensiva molto solida ed un’efficace azione di contropiede, che oggi quelli bravi chiamano “ripartenza” ed il fatto di non detenere mai una significativa percentuale di possesso palla non significa niente perché nel calcio conta chi butta la palla in rete.
Simeone è stato un calciatore pratico, solido ma soprattutto intelligente perché non era solo un’atleta fisico pieno di grinta, sapeva a centrocampo muoversi con estremo raziocinio.
A questo proposito pochi ricordano che quando venne in Italia, all’inizio degli anni ’90, Diego era un trequartista con spiccate attitudini offensive che poi nel proseguio della carriera ha modificato arretrando il raggio d’azione per diventare un’eccellente centrocampista. Ma tutto ciò avrebbe avuto un valore limitato alla sola esperienza di giocatore se il “nostro” non avesse avuto le qualità a cui accennavo in premessa e cioè di una persona con valori morali elevati.
L’ingegno che ha sviluppato man mano che andava avanti nella carriera di “mister” è la prova provata che ha saputo adattare le proprie convinzioni, le idee di gioco, al materiale che gli veniva messo a disposizione; per rimanere all’Atletico Madrid dal gennaio 2012, momento del suo avvento sulla panchina madridista, ha conquistato un’Europa League, una Supercoppa europea, una Liga, un terzo posto e due finali di Champions tenendo presente che, relativamente alla Spagna, ha combattuto contro squadroni come il Real ed il Barcellona ed ogni anno ha ceduto pezzi pregiati come Falcao, Diego Costa, Miranda, Arda Turam e Mandzukic.
Bisogna dire che la società alle spalle ha lavorato con competenza e programmazione al progetto di Simeone, avvalorando il concetto che al di là dei soldi sono le idee e la professionalità che fanno la differenza. Per cui smettiamola di essere pressappochisti identificando, ed in qualche caso dileggiando, col neologismo “cholismo” i successi del tecnico argentino. Aggiungo che per rimanere competitivi a livello dell’Atletico, con concetti esasperati nell’applicazione delle varie fasi di gioco, Simeone ha messo in campo anche e soprattutto valori morali. Il contatto umano coi giocatori è essenziale nel “modus operandi” di Diego perché a lungo andare l’integralismo nello sport, come nella vita, non paga.