Racconti di sport: “Felice il soprannaturale”

Roma, 22 dicembre  – Fa sempre un certo effetto un compleanno “tondo”, un’età importante come può essere quella dei 70 anni. Proprio oggi rendiamo omaggio ad uno dei grandi della storia della Lazio, il portiere del primo scudetto biancoceleste Felice Pulici.

Dicevo settant’anni ma non dimostrarli perché Felice è un maturo signore, un distinto avvocato, con un invidiabile portamento fisico e quello che più conta un’assoluta padronanza scenica nell’esprimere, con decisione, i propri concetti.

Nello scorso mese di novembre, nel festeggiare il ventennale dell’esordio in serie A di Buffon, la Gazzetta dello Sport ha messo su una classifica con i cinque portieri più forti di sempre, inserendo l’attuale titolare della nostra Nazionale; nello scorrere i nomi associavo nella mia mente alcuni ricordi di parate celebri di questi fenomeni.

C’era Zoff, con la mitica parata contro il Brasile ai mondiali del ’82 allo scadere della gara, c’era Jascin, unico numero uno a vincere il pallone d’oro, c’era Banks, autore della “parata del secolo” su Pelè ai mondiali di Mexico’70, ma personalmente non mi tornavano i conti perché per me la “parata della vita” è stata compiuta da Pulici il 28 novembre 1976 in un derby contro la Roma.

Quel giorno pioveva all’Olimpico e con tutta onestà  non ho mai visto più occasioni da goal non concretizzate da una squadra rispetto all’altra; se quel giorno i giallorossi avessero concretizzato un terzo delle palle-goal prodotte avrebbero vinto con uno scarto di almeno tre reti!

Felice, a metà primo tempo, compì uno straordinario intervento su un colpo di testa del romanista Pellegrini andando a togliere letteralmente dall’incrocio dei pali, alla sua sinistra, il pallone. Lì per lì non ci si rese conto del gesto “soprannaturale” del portiere della Lazio perché fu un continuo ribattere e parare qualsiasi attacco della Roma.

La Lazio vinse immeritatamente quel derby ed alla fine della partita mi recai a Piazza Mancini per il solito appuntamento del dopo stadio con la mia fidanzata, oggi mia moglie; le gare, all’epoca, finivano verso le 16,15 ed il mio incontro era fissato per le 17. Nell’attesa accesi la radio che avevo in macchina per sentire i commenti su Domenica Sport, canale Rai, ed in collegamento dall’Olimpico insieme al giornalista Claudio Ferretti c’era proprio Pulici, protagonista indiscusso della giornata. Alla domanda di Ferretti che chiedeva a Felice della sua magistrale prestazione il numero uno biancoceleste scoppiò a piangere dedicando la vittoria e la sua personale performance a Tommaso Maestrelli, ricoverato alla clinica Paideia in gravissime condizioni.

Fu un pugno nello stomaco e l’euforia per la vittoria di colpo svanì, anche perché era tempo che non si avevano notizie delle condizioni del “maestro” e nessun organo di stampa aveva fatto trapelare l’aggravarsi delle condizioni di Tommaso.

Ripensai di colpo alla partita appena conclusa e nel ripassare mentalmente le varie fasi capii il motivo di quella/e parata/e. Non voglio apparire blasfemo e non voglio minimamente confondere alti valori religiosi con le bieche e prosaiche questioni sportive, ma vi assicuro che la “parata” di Pulici in quel derby, rivista più volte negli anni in tutte le salse, è stata qualcosa di mistico, di celestiale, probabilmente il degno saluto in vita nei confronti di Maestrelli che sarebbe scomparso quattro giorni dopo.

Questo omaggio non tiene conto delle partite disputate e della carriera in generale sviluppata da Pulici, per questo qualsiasi riferimento su internet può andare bene.

Quello che mi preme dire è che Felice è stato un GRANDE PORTIERE e non sono mai stato d’accordo su alcuni giudizi che, specialmente nel corso della sua militanza laziale, lo ritenevano scarso nelle uscite o per meglio dire che non usciva mai. Avrà fatto qualche errore senza dubbio ma posso citare diversi episodi, per esempio contro l’Inter il giorno del debutto in serie A una plastica uscita su Bonimba in presa alta, oppure l’anno successivo contro il Milan un paio di volte su uno scatenato Bigon. La reattività di Pulici tra i pali era la giusta compensazione a qualche mancanza sui palloni alti ed era, oltre che dote naturale, allenata con grande professionalità dallo stesso con l’aiuto e la competenza di un altro grande come Bob Lovati.

Quando il calcio era ancora a misura d’uomo, senza gli isterismi e le mercificazioni attuali, era uno spettacolo vedere gli allenamenti, in questo caso della Lazio, nell’impianto di Tor di Quinto. Felice, nel supplemento di lavoro che svolgeva con Lovati, era solito mettersi sotto la tuta, all’altezza delle anche fin sotto sulle cosce, della gomma piuma per proteggersi dagli urti sul terreno nelle infinità di tuffi che doveva eseguire e non mancavano improperi in puro dialetto lombardo contro l’inflessibile Bob.

Riflussi di un calcio che fu ed anche per questo AUGURI Felice e grazie!         

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