Retrocessa in Eccellenza e ripescata in Serie D ad agosto inoltrato, nel 2006/07 la Nuova Avezzano Calcio disputò una stagione di vertice contando quasi esclusivamente sulle forze del suo settore giovanile
Avezzano, 3 ottobre – Aprire il cuore a certi ricordi è una delle cose più belle ed allo stesso tempo più amare della vita.
Bella, certamente, perché i ricordi che ci segnano l’anima non possono che essere i migliori mattoni su cui costruire il nostro futuro; ed amara, insieme, perché la nostalgia di certi momenti (maturità più, maturità meno) un po’ rimarrà sempre…e forse è anche giusto così, no?
La rubrica sui Racconti di Sport, per me, non può che iniziare da una storia del genere, un racconto d’amore ai margini del calcio che conta, una favola che coinvolge appena una cittadina e che non è mai approdata agli onori della cronaca nazionale, se non in modo marginale: è la storia della Nuova Avezzano Calcio e del Campionato di Serie D 2006/07.
L’Avezzano, fresca di retrocessione in Eccellenza, era stata miracolosamente ripescata in Serie D nei giorni più caldi d’agosto, con pochissimi fondi ed ancor meno tempo per riorganizzare la rosa. Per dare tranquillità alla difesa erano arrivati in prestito un buon portiere dall’Accademy della Juventus ed un centrale di categoria, in attacco era stato acquistato un ragazzo di colore di cui si diceva un gran bene, l’impronunciabile Doris Fuakuputu, e per il resto si contava su un discreto livello generale del settore giovanile, che avrebbe retto l’ossatura della squadra.
Si partiva con poche speranze di salvezza, vista la precaria situazione economica, ma… hai visto mai? Il pallone è rotondo! Magari ce la scampiamo! Magari a fine stagione facciamo quaranta punti, ed il prossimo anno ci organizziamo meglio!
Ogni tanto può succedere, però, che la realtà si riveli addirittura migliore dei sogni più belli, così l’Avezzano dei ragazzini a dicembre si ritrova in lotta per le prime posizioni e per un’inauspicabile promozione in Serie C2, nel campionato dei professionisti: vederlo da fuori è emozionante, ma vuoi mettere a vederlo da “dentro”? Vuoi mettere quando il tuo ex compagno di classe fa il terzino, quando il centrale l’hai sfidato mille volte nei tornei della scuola, quando l’attaccante è il tipo che ti ha accompagnato la prima volta che hai fatto una sorpresa ad una ragazzina…vuoi mettere quanto cambia, a viverla così?
Visto che certi sogni non si fanno mancare davvero nulla, a gennaio succede l’inimmaginabile: è una ricreazione tesa, nell’ora successiva mi interroga matematica, non c’è modo di farmela studiare e come al solito rischio di essere rimandato (e la storia dirà che alla fine non me la scamperò, come ogni anno di liceo).
Qualcuno, però, bussa alla porta della classe e scombussola tutto: “Giovà, si è fatto male il secondo portiere dell’Avezzano, e ne avrà per tutta la stagione. Il titolare della Juniores è salito in pianta stabile con la prima squadra ed ora noi ragazzi siamo scoperti. Vieni a giocare con noi?”
“Ma io non ho mai giocato a certi livelli. È l’Avezzano, non sono sicuro che..”
“Vieni, l’ha detto il mister! Non fare storie, dai!”
Da gennaio a giugno è un’allucinazione continua, un interminabile volo ad occhi aperti, e non solo da un palo all’altro.
Gli allenamenti con la prima squadra (come un portiere vero, a sudare fianco a fianco con un tipo in prestito dalla Juventus!), un’amichevole con una squadra di Serie A, l’Ascoli di Delvecchio, la fiammeggiante utopia di un gruppo di ragazzini nemmeno maggiorenni che assaltano la Serie D ed arrivano fino ai playoff, ad un passo dai professionisti, ad un passo dal calcio di chi col pallone ci vive, mentre noi col pallone ci sognavamo solo.
Lo stadio, sistematicamente vuoto ogni domenica, arriva a fine stagione sempre più pieno, stracolmo negli appuntamenti di vertice, ed il quarto posto finale (anche abbastanza sfortunato) porta dritto dritto ai playoff. Il bomber Fuakuputu segna gol a ripetizione ed a luglio finirà addirittura in un servizio di Studio Sport, dove si parla di un interesse della Fiorentina: alla fine girerà un po’ per l’Italia, prima di approdare nelle prima lega dell’Arabia Saudita, dove oggi vince regolarmente la classifica cannonieri della sua squadra, e nella nazionale del Congo. Su FIFA 15 ha addirittura 75 e, ehi!, quando stavo in forma, nelle partitelle, non mi segnava nemmeno con le mani!
Premiata come “Squadra Più Giovane D’Italia”, l’avventura di quella Avezzano finirà con una beffa al novantesimo nel playoff, ed un paio di mesi dopo la proprietà troverà qualche buona scusa per fondere la squadra con i vicini del Canistro, polverizzando quella bella favola. Nessuno di quei ragazzini ha mai più superato nemmeno il muro dell’Eccellenza, ed io non ho continuato a giocare a pallone, se non con gli amici in mezzo alla settimana: la mia altezza non mi permetteva di essere un grande portiere allora, e probabilmente non me l’avrebbe permesso mai… eppure resta qualcosa, da quell’annata, che nessuna fusione al mondo potrà mai cancellare. È un tourbillon di ricordi e di emozioni, di vita vissuta, di odori di prato e di terriccio, di divise lavate sempre con lo stesso detergente, di campi sportivi di paese e di allenatori che cercano di insegnarti qualcosa che resti, nonostante tutto cambi, nonostante con la crescita la vita abbia riservato ad ognuno di noi un cammino diverso, nonostante per molti quella non sia stata altro che una bellissima parentesi.
Resta un insieme di promesse alimentate più di quanto chiunque avrebbe sempre sperato, il punto di contatto tra la durezza della realtà ed il sogno interminabile della nostra parte bambina, quella parte che uno dovrebbe tirare in ballo sempre, quando si parla di calcio.
E allora grazie Avezzano Calcio per avermi fatto capire che, certe volte, i sogni si realizzano… almeno per un po’.
Giovanni Sidoni