Roma, 8 Aprile 2020 – La Sardegna è a tutti gli effetti un microcontinente. Una lunga storia, durata qualche centinaio di milioni di anni l’ha portata, attraverso le ere geologiche, a separarsi dalla zolla europea e ad incastonarsi al centro del Mediterraneo assieme alla sua sorellastra Corsica. Parte sicuramente da così lontano la cultura e la tradizione dell’isola sarda, che di questa unicità fa orgoglio. E orgoglio unico è quel solo scudetto calcistico del Cagliari Calcio, di cui il prossimo 12 Aprile ricorrerà il cinquantennale.
Nella storia pallonara d’Italia, a parere di chi scrive, l’impresa sportiva più bella in assoluto, probabilmente irripetibile è quella del Cagliari Calcio. E non ne vogliano al redattore di questa rubrica il Bologna di Fuffo Bernardini e la Fiorentina del “Petisso”, la Roma di Liedholm ed il Verona di Bagnoli, il Napoli di Bianchi e la Sampdoria di Boskov, e nemmeno – per quanto caro costi dirlo – la Lazio del garbato Maestro Tommaso.
Fu un vero miracolo sportivo l’impresa di quella squadra, che circa un lustro dopo il suo approdo in serie A arrivò al titolo nazionale, vinto il 12 aprile del 1970, con due giornate di anticipo, battendo in casa il Bari per 2-0 e staccando definitivamente l’Inter al secondo posto.
Un’armata quella del Cagliari Calcio, costruita mirabilmente dal vicepresidente-manager Andrea Arrica, nativo di Santu Lussurgiu, alle pendici del Montiferru, paese che oltre ai celebri coltelli e al formaggio tipico (su casizolu) può vantare di aver dato i natali all’artefice dello scudetto cagliaritano.
Appare superfluo ricordare i protagonisti, ma è bello farlo. L’allenatore-filosofo Manlio Scopigno, friulano di nascita ma reatino a tutti gli effetti, e il suo paladino, il taciturno attaccante maglia 11 nato sul Lago Maggiore, il cui nome è bello sciorinare nella translitterazione isolana: GIGIRRRIVVA!
Con “GIGIRRRIVVA”, il Cagliari fornì al CT Valcareggi l’ossatura della Nazionale italiana ai Mondiali Messicani: il portiere Ricky Albertosi, il capitano Pierluigi Cera, l’artista degli autogol Comunardo Niccolai, Angelo Domenghini, Bobo Gori. E poi come non citare il brasiliano Nenè o il barese Martiradonna, con quel nome a metà strada tra un’imprecazione e un’invocazione: che musica sarà stato sentirlo gridare dai tifosi rossoblù sugli spalti dello stadio Amsicora, con la “o” stretta della pronuncia sarda, in quel meraviglioso 1970.
Da molti, molti anni ho avuto la fortuna di trascorrere una parte delle mie vacanze in Sardegna, conoscendo un poco alla volta la diversità delle sue coste, ma soprattutto del suo entroterra. Perché come dice lo scrittore nuorese Marcello Fois, “in Sardegna non c’è il mare; semmai le sta intorno”.
Nel mio peregrinare sull’isola porto sempre con me una replica della stupenda maglia bianca del Cagliari Calcio, con i laccetti al collo e i quattro mori sul cuore, che indosso con orgoglio.
E ‘Forza Casteddu’, perché è molto meglio uno scudetto da muflone che cento da ‘agnelli’.