Racconti di sport. Jesus Matias Almeyda: mitologia di un personaggio da corsa

L’Alma e la Vida di Jesus

 

Roma, 22 novembre – So che è difficile da credere ma, tutte le volte che Nonna Vera si sente infastidita da qualcosa (o da qualcuno), usa esclamare: “Jesus! Jesus!”.

Seduto in un angolo, penso tra me e me: “.. forse un vicino rumoroso.. oppure sta per piovere”. Dimenticando però il ben noto centrocampista di passaggio. E se detto centrocampista da bambino è stato un pony express, se porta i capelli lunghi fino alle scapole e se corre sempre, allora ben fa Nonna Vera a sentirsi martellata. Perché “Jesus” potrebbe esser proprio lui, Jesus Matias Almeyda, detto “il trattorino” (soprannome di Almeyda quando giocava nella Lazio).

Da Buenos Aires a Siviglia e a Roma, passando per Milano, poi Brescia, Parma e Newcastle, poi ancora il Sudamerica e poi la Norvegia.

Una vita a recapitar palloni e percuotere caviglie: Jesus non si è mai fermato. Al contrario di Nonna la quale, come (quasi) tutte le persone di una certa età, è oramai cheta e compassata. Lei non vuol avere a che fare con gli scalmanati e allora decide di farsi passare il mal di testa, andando a lavorare l’orto.

Ma… indovinate chi c’è parcheggiato lì fuori? Proprio lui, il “trattorino”. Povera Nonna: facevi bene a cambiare mestiere (oppure squadra).

E allora, nell’infernale parapiglia di maglie sudate, male parole che piroettano, di treccine di perle e fasce in testa che sembra un Indio, il cerchio giocoforza si chiude.

“Alma y Vida” (Anima e Vita) è il titolo dell’autobiografia del nostro. Eccolo là il nesso!

Un gancio ridacchiante. Perché è assai curioso che Nonna Vera, abruzzese d’origine (quindi nata e cresciuta ai tempi dei Borboni o giù di lì), se parla dialetto, dice proprio “alma” (e non “anima”) in perfetto Spagnolo.

L’ho capito ora: quando c’era da strappar la palla a centrocampo, Almeyda non avrebbe fatto sconti neppure a mia nonna!

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