Il gol che decise il derby tra le due “Germanie” nel 1974.
Nella storia del XX secolo, l’esaltazione dei successi sportivi è stato un formidabile strumento di propaganda dei regimi totalitari. Si pensi all’Olimpiade di Berlino del 1936 che, nella celebrazione del nazionalsocialismo, riservò però a Hitler il memorabile smacco dei trionfi di Jesse Owens. Ma questa è un’altra storia…
Oggi vogliamo ricordare come i paesi dell’Est europeo – ed in particolare la DDR – utilizzarono il mito dell’efficienza fisica e delle prestazioni atletiche a sostegno del modello del Socialismo reale. Tra i personaggi più rappresentativi citiamo le velociste Marlies Göhr, Marita Koch (che rivaleggiava sulle piste di atletica con l’inquietante campionessa cecoslovacca Jarmila Kratochvilova) e Heike Drechsler, che gareggiò, poi, per la Germania dopo la riunificazione. Questi successi erano frutto di un’accurata programmazione controllata dallo Stato, spesso supportata dalla somministrazione agli atleti di steroidi anabolizzanti e altre sostanze illecite, pratica su cui ad oggi non è stato ancora possibile fare piena luce.
Un “eroe per caso” la DDR (Germania dell’Est) lo trovò invece in una disciplina su cui i vertici dello Stato non puntavano eccessivamente: il calcio. Era il Campionato Mondiale del 1974, organizzato nella Repubblica Federale Tedesca: il sorteggio accoppiò le due Germanie nel medesimo girone della fase finale. Il 22 giugno 1974, al Volksparkstadion di Amburgo, quello che sarebbe stato il primo e unico incontro nella storia tra le due Selezioni su un prato verde, si chiuse con l’imprevista vittoria per 1-0 della DDR sulla Germania Ovest. Ancora una volta la sorte aveva riservato alla nazione ospitante un’amara sorpresa sportiva sul suolo tedesco. La squadra della Germania Orientale, arrivata alla Coppa del Mondo senza particolari aspettative, ottenne la vittoria grazie a Jürgen Sparwasser, centrocampista del Magdeburgo, che si tolse lo sfizio di segnare ai “cugini” occidentali beffando alcuni mostri sacri del deutsche fussball come Horst Dieter Höttges, Berti Vogts e il mitico portiere Sepp Maier. Un evento, a detta dello stesso protagonista, destinato a restare nella storia. A fine partita, poi, lo scambio della maglia con Paul Breitner, noto per le sue idee di sinistra (entrambi i cimeli sono oggi esposti alla Casa della Storia – Haus der Geschichte – di Bonn, http://www.hdg.de/).
La DDR vinse il girone, ma venne poi eliminata in quello successivo, dove affrontò Brasile, Olanda e Argentina; alla BRD, come seconda classificata, toccarono avversari meno impegnativi, facilmente superati per giungere alla famosa finale di Monaco di Baviera contro la sfortunata Olanda di Rinus Michels, e a guadagnarsi quindi il titolo di Weltmeister.
Sparwasser non ottenne particolari vantaggi personali pur venendo mitizzato in patria e non solo (Francesco Piccolo, nel suo libro “Il desiderio di essere come tutti”, racconta di essere diventato comunista dopo la visione del famoso gol). Nella sua carriera Jürgen vestì la sola maglia del Magdeburgo (come piace a noi nostalgici del calcio di quell’epoca), vincendo anche – nello stesso incredibile anno 1974 – la Coppa delle Coppe in finale contro il Milan allenato da Trapattoni.
Dopo il ritiro avvenuto nel 1979 rifiutò per tre volte l’incarico di allenatore del Magdeburgo, e finalmente nel 1988, in occasione di una partita tra vecchie glorie, fuggì ad Ovest con la famiglia, causando un irreparabile danno di immagine al regime di Erich Honecker.
Oggi quell’episodio mitico è celebrato a Berlino nel DDR Museum (Karl Liebnecht Straße; http://www.ddr-museum.de/), tra un esemplare della Trabant (il più improbabile veicolo a quattro ruote che abbia mai percorso le strade del mondo) e altri cimeli della Germania Est. Nello spazio dedicato all’evento, sotto le immagini delle due squadre, c’è una metà campo di calcio balilla, dotato di una pallina e quattro sole stecche: quattro centrocampisti e due attaccanti in maglia blu, due difensori in casacca bianca e calzoncini neri e, a difesa dell’unica rete, un portiere in completa divisa nera, con i quali i visitatori di ogni età possono replicare, all’infinito, la beffa indimenticabile di “Spari”.
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