Roma, 15 ottobre 2019 – Nel calcio di oggi si danno i numeri. I portieri non indossano quasi più la maglia n.1, i centravanti fanno lo stesso con la n.9 e i mediani con la n.4. Ma la maglietta con il 10 mantiene intatto tutto il suo fascino, perchè da sempre è quella del campione. Di colui che con i suoi piedi fa girare la squadra.
Nel calcio degli anni ’60, ’70 e ’80 è stata la maglia dei grandi registi con l’estro nel sangue come Antognoni della Fiorentina, Beccalossi dell’Inter e, ovviamente, Gianni Rivera del Milan, ma anche di quelli più lineari e geometrici, meno estrosi, ma comunque geniali: il granata Zaccarelli, il laziale Frustalupi, il romanista-fiorentino De Sisti. Altri grandi calciatori da “ciak si gira” di quegli anni indossavano invece la 8 (pensiamo a Giacomino Bulgarelli del Bologna, a “Totonno” Juliano del Napoli, ad Agostino Di Bartolomei della Roma, al quale, poi, Liedholm dette la 10 nella stagione dello scudetto dell’82-83 trasformandolo, però, addirittura in libero. Per modo di dire, ovviamente, visto che in quella Roma era uno dei tre registi insieme a Prohaska (n.8) e Falçao (n.5).
Proprio in quel periodo, però, la maglia n.10 comincia ad avere una trasformazione: da quella del regista diventa quella del fantasista-regista, cioè dell’uomo dotato di talmente tanto talento calcistico da decidere le partite quasi da solo.
Platini della Juve e Maradona del Napoli ne sono l’esempio più lampante insieme a Zico, seguiti, nel tempo, da Roberto Baggio, Alessandro Del Piero e Francesco Totti. Tutti campioni che hanno agito nel solco tracciato dallo straordinario Pelé, con il quale, negli anni ’60, il 10 era diventato il mito di tutti i numeri usati nel calcio.
Oggi l’unico grande 10 che gira sui campi di calcio è Messi. A parte lui non se ne vedono altri e ci dispiace.
Perché il calcio e i suoi tifosi hanno bisogno di sognare e solo chi ha davvero la classe e la personalità per indossare quel numero, riesce davvero a stimolare i loro sogni.
