Giovedì 27 novembre ne compie 50 Roberto Mancini. Auguri!
Roma, 26 novembre – È indubbiamente un anno importante quello che saluteremo tra qualche giorno, almeno limitatamente al comparto sportivo per avvenimenti e ricorrenze di compleanno particolari.
Qualche giorno fa abbiamo festeggiato i settanta anni di Gigi Riva, il 27 novembre, giovedì, omaggeremo i cinquanta anni di Roberto Mancini.
Non ci sogniamo minimamente di paragonare le due figure, ai limiti del “soprannaturale” Riva, un po’ più “umano” il “Mancio”, non fosse altro che per la diversa connotazione storica dei due protagonisti.
Di Roberto Mancini la prima cosa che mi viene in mente è l’esordio in serie A e quindi le prime foto e immagini televisive a 17 anni, nel 1981, con quei capelli lunghi che lo facevano assomigliare al solista del complesso musicale “ I Camaleonti”, al secolo Tonino!
Ovviamente parliamo di un predestinato, che poi è esploso nella Sampdoria, con ben 15 anni di solida appartenenza coronati da uno scudetto irripetibile del 1991 e da una Coppa dei Campioni appena sfiorata l’anno successivo.
In un certo senso la lunga militanza nella Samp lo può avvicinare all’esperienza maturata da Riva nel Cagliari, anche se rispetto a “Rombo di Tuono” fu più la protezione del presidente doriano Mantovani che lo blindò dalle sirene juventine e milaniste che non la sua ferma determinazione a non cambiare squadra, come invece accadde per Riva.
Dopo tale esperienza, nel 1997 Mancini passò alla Lazio ed è qui che dimostrò, ulteriormente, di essere “un grande”, perché alla non più verde età di 33 anni venne a prendere letteralmente per mano una squadra che sotto la presidenza Cragnotti cominciava sì a decollare, ma sempre con qualcosa che ne rallentava lo scatto. Senza mai avere atteggiamenti fuori luogo, in una città complicata come Roma, ma con comportamenti fattivi sul campo e specialmente nelle segrete degli spogliatoi, Mancini dimostrò di saper portare la Lazio a fare il definitivo salto di qualità. Quante volte nel mondo del calcio abbiamo saputo di invidie tra protagonisti, gelosie di spogliatoio per gestire magari un piccolo potere. Ecco, Mancini è sempre stato al di sopra di tutto questo, perché la sua mentalità vincente è sempre stata proiettata alla squadra e mai al tornaconto personale. Immaginate un prim’attore come lui che nei tre anni di Lazio favorisce l’ingresso di personaggi come Veron, Simeone, Mihajlovic, che da soli sarebbero stati assoluti protagonisti in qualsiasi squadra. Lui, invece, riuscì a coagularli ed a coinvolgerli sotto la stessa bandiera. Mancini smise nell’estate del 2000 come meglio non avrebbe potuto, vincendo il suo secondo scudetto e l’ennesima Coppa Italia.
Sintetizzando l’album dei ricordi possiamo rammentare soprattutto il famoso gol di tacco a Parma nel gennaio del 1999 ed anche una dichiarazione rilasciata a Belgrado al momento di una sostituzione che avvenne al minuto 89 di un Partizan-Lazio di Coppa delle Coppe, con i capitolini in vantaggio per 3-2 e praticamente qualificati dopo lo 0-0 dell’andata.
Appena sostituito il collega a bordo campo della Rai gli chiese un giudizio sulla gara ormai a risultato conseguito ed il “Mancio”, ad un minuto dalla fine, rispose seriamente: “Bisogna stare attenti non è ancora finita, dobbiamo rimanere molto concentrati” . Quando si dice la “mentalità”! Oggi Roberto Mancini è un brillante allenatore, meglio manager, di grande competenza e respiro internazionale, che è rientrato nel nostro campionato firmando una cambiale in bianco di nome Inter con cui vinse dal 2004 al 2008 tre scudetti consecutivi.
Possiamo solo fargli un grosso augurio ed un ringraziamento per quello che ci ha fatto vedere in 19 anni di grande calcio.