Racconti di sport. Miti orange

Krol e la grande Olanda: due miti del calcio degli anni '70.

Roma, 25 luglio – La storia del giovane difensore centrale olandese De Ligt, che la Juve ha recentemente acquistato dall’Ajax, ci ha fatto pensare ad uno dei più grandi campioni del calcio “orange”: Rudd Krol. Anche lui si è affermato nell’Ajax di Amsterdam, del quale divenne pure il capitano, come si vede nella foto allegata all’articolo. Anche lui giocava difensore centrale, anche se all’inizio faceva il terzino, ma in un concetto di calcio totale nel quale tutti dovevano saper ricoprire tutti i ruoli. Anche lui arrivò in Italia, al Napoli, ma non direttamente dall’Ajax, bensì dalla squadra canadese del Vancouver Whitecaps, alla quale si era trasferito proprio in quel 1980 che poi lo avrebbe portato in riva al Golfo . A differenza di De Ligt, però, non sbarcò nel nostro campionato da giovanissimo, ma da trentunenne. Ma per il Napoli fu comunque un grande colpo di mercato, perchè Krol era fortissimo anche se aveva superato la trentina e perchè era un monumento del calcio di quegli anni ’70 che si erano da poco conclusi e nei quali, con la mitica Olanda di Cruijff, aveva giocato e perso due finali mondiali contro i padroni di casa: la Germania Ovest nel 1974 e l’Argentina nel 1978. Un torneo, quest’ultimo, al quale l’Olanda non voleva partecipare per protesta, viste le (poche) notizie che arrivavano sulle atrocità commesse dalla terribile dittatura dei militari, ma al quale dovette comunque andare. E una volta in Argentina, un giornalista locale, su ordine di chi comandava, pubblicò una falsa intervista proprio a Krol, nella quale faceva dire a quest’ultimo che in Argentina era tutto bello, che quello che si pensava in Olanda dei crimini commessi dalla dittatura non era affatto vero e che i militari avevano accolto i giocatori con i fiori. Appena la falsa intervista uscì si scatenò un putiferio: Krol andò su tutte le furie, la Federazione olandese voleva ritirare la nazionale dal torneo e per restare, dopo mille e mille discussioni e trattative, pretese che uscisse tutta la verità. Così fu, con tanto di smentite da parte del giornale che aveva pubblicato la falsa intervista e con le scuse a Krol e all’Olanda, che poi perse il Mondiale in finale proprio contro l’Argentina, sostenuta da uno stadio gremito che, in quegli avversari in maglia arancione, vedeva ormai dei nemici del popolo argentino. Invece erano Krol e l’Olanda a stare dalla parte giusta del mondo. Loro che della libertà avevano fatto una bandiera anche nell’ingessato calcio degli anni ’70, che liberarono da molti tabù. Non solo nelle tattiche da adottare in campo, ma anche nel modo di viverlo fuori da questo. Mogli e fidanzate in ritiro, calcio totale e libero da ogni vincolo mentale. Per questo quell’Olanda, ancora oggi, è nel cuore di chi l’ha vista giocare e, alla fine, può essere considerata la vera vincitrice di quei due mondiali. Perchè la sua rivoluzione calcistica, con il passare dei decenni, è diventata ben più importante e famosa delle coppe che le hanno negato la Germania Ovest e l’Argentina.

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