Roma, 26 giugno 2018 – Il compleanno in questione non è di carattere personale, riguardante l’uomo, l’atleta o l’artista in genere, bensì è relativo ad una ricorrenza che però ha segnato inequivocabilmente la nascita di un mito.
Sessant’anni fa, il 29 giugno del ’58, un giovane calciatore di neanche 18 anni fu incoronato RE del mondo; il brasiliano Pelè, al secolo Edson Arantes do Nascimento, conquistò il titolo mondiale con la sua nazionale, primo di tre titoli con la definitiva acquisizione della Coppa Rimet nel ’70 a scapito degli azzurri italiani.
I Verdeoro brasiliani venivano da un periodo tormentato, derivante dalla fortissima delusione di otto anni prima nel mondiale casalingo del ’50 quando ci fu lo psico-dramma della sconfitta interna contro l’Uruguay davanti a 200.000 spettatori ammutoliti e disperati del Maracanà di Rio de Janeiro e dalla “battaglia di Berna” del ’54 quando persero in malo modo per 4-2 contro la grande Ungheria di Puzskas nei quarti di finale.
La sesta edizione dei Campionati del Mondo del ’58 in Svezia fu approcciata dall’ambiente brasiliano come una sorta di “prova del nove” per poter vincere l’agognato trofeo e tra le tante paure e perplessità, c’era anche il fatto che il torneo si svolgeva in Europa e mai nessuna squadra sudamericana aveva vinto fuori dal proprio continente. Oltre a ciò i padroni di casa svedesi erano accreditati dal pronostico avendo in organico giocatori del calibro di Nordhal, Green e Liedholm.
Pelè, a 17 anni ed 8 mesi, trascinò la selezione brasiliana nella finalissima proprio contro gli svedesi segnando due goal nel 5-2 finale e fu portato in trionfo dai propri compagni in un diluvio di commozione, azzerando stelle conclamate come Garrincha, Didì, Vavà, Djalma e Nilton Santos. Fu di parola perché la leggenda narra che nel ’50, a dieci anni di età, promise all’inconsolabile papà, dopo la sanguinosa disfatta contro l’Uruguay, che avrebbe vendicato quella delusione andando a vincere lui il titolo mondiale.
Pelè, oltre che tecnicamente, divenne un fenomeno mediatico e commerciale a livello planetario al di la delle problematiche politiche relative al proprio paese governato da una dittatura militare che, dobbiamo dire, non lo ha mai condizionato specialmente nell’approdo ai Cosmos di New York nel ’75 quando “O Rey” entrò di prepotenza nel variegato mondo dello sport-business americano.
La carriera calcistica del più forte giocatore di tutti i tempi, giudizio personale, si chiuse nel ’77 ma il nome di Pelè rimase comunque nel mondo calcistico e non solo visti, come detto, le innumerevoli partecipazioni di carattere pubblicitario ed anche cinematografico, su tutti nel film “Fuga per la vittoria” del 1981 quando nel finale della pellicola la sua famosa rovesciata portò la squadra di calcio alleata al pareggio contro i giocatori nazisti.
I Miti non hanno nemici e noi italiani non possiamo fargliene una colpa per quel gran colpo di testa che portò in vantaggio il Brasile nella finale mondiale del ’70, un gesto tecnico di assoluta naturalezza e bellezza.
Pelè, buona ricorrenza di questi 60 anni dal tuo primo grande trionfo e… obrigado!