Roma, 13 settembre 2020 – Nelle prime due puntate, abbiamo parlato del “Civitavecchia 1950-2020, settant’anni di palla ovale sulle sponde laziali del Tirreno” e dei “Caciottari”, l’amarcord dalle fondazioni della società ai giorni nostri. Il libro di Danilo Catalani si ferma al 2010, lasciando al lettore la voglia di vedere come la storia è andata avanti.
Finalmente nel 2011 – neanche a farlo apposta poco dopo che il libro aveva visto le stampe – è arrivata la promozione in serie B, a lungo inseguita e più volte sfuggita.
Ne parliamo perciò con l’autore Danilo Catalani, che dopo questa opera prima si è dedicato alla narrativa, producendo altri quattro libri.
Danilo, abbiamo bisogno di un follow-up: che cosa ha significato la promozione in Serie B in termini di crescita del movimento?
“La promozione in B è avvenuta malauguratamente nel 2011. Dico malauguratamente perché, ad averlo saputo, avrei volentieri tardato la consegna alle stampe del mio libro pur di dotarlo del lieto fine che meritava.Non so quantificare il vantaggio portato dalla doppia promozione in termine di crescita del movimento;so però per certo che quello che sinora è arrivato è derivato dalla pianificazione accurata, dalla dedizione e dal lavoro.”
Poi la fortuna ha restituito con gli interessi quello che in passato aveva beffardamente sottratto più volte…
“E’ vero, la seconda promozione, stavolta in serie A, è arrivata ad ottobre 2019 con un ripescaggio a tavolino, dopo la rinuncia dell’Unione L’Aquila Rugby a partecipare al campionato di Serie A 2019/20; il titolo è passato alla Federazione, che ha deciso di promuovere la prima squadra meritevole del campionato di Serie B, meglio classificata della stagione 2018/19, ovvero il Civitavecchia Rugby. Ma il Civitavecchia era comunque arrivato sino allo spareggio promozione con il Romagna RFC, perso sul campo di Perugia per 19-26 il 2 giugno 2019, alla fine di una partita equilibrata. Perciò questo traguardo non è affatto da considerare solo un regalo della sorte.”
Quali sono oggi i numeri della palla ovale civitavecchiese?
“I tesserati sono circa trecento. Oltre alla prima squadra maschileche milita in Serie A (nel campionato 2019/20, ormai sospeso, era attestata in posizione di medio-bassa classifica del proprio girone n. 3, n.d.r.) abbiamo attive le rappresentative giovanili, dal minirugby sino alla U14. Per le U16 e U18 esiste un rapporto di collaborazione con le Fiamme Oro. E poi c’è la squadra Old, che non smette di divertirsi, e la nascita di un primo nucleo femminile”.
La continuità della tradizione è perciò garantita?
“Credo sia inevitabile. Quella della palla ovale civitavecchiese è una tradizione che, tranne rarissimi momenti e per cause eccezionali, non è mai venuta meno. La fiaccola resta accesa anche grazie a vere e proprie dinastie che tramandano questa malattia di padre in figlio. Molti cognomi sono gli stessi dei personaggi del passato, di cui ho avuto la fortuna di scrivere nel mio libro.”
Come e quanto può ancora evolvere questo sport a Civitavecchia?
“Al di là del doppio salto che in pochi anni ha portato il CRC dalla serie C alla serie A l’evoluzione di questo sport dovrà necessariamente poggiare sull’allargamento della base della piramide del movimento. Se aumenterà il numero dei bambini e dei ragazziche si avvicinano a questo ambiente,ulteriori risultati sportivi non potranno tardare ad arrivare, in campo maschile e speriamo anche in quello femminile.”
Epilogo: Le highlands etrusche
Alla fine di questo percorso nel panorama rugbistico laziale, analogie suggestive vengono in mente dopo aver conosciuto la realtà di Civitavecchia e dintorni: alle spalle della città costiera un territorio selvaggio e affascinante, i Monti della Tolfa, area collinare che supera i 600 m di quota, sollevata da fenomeni vulcanici iniziati circa 3 milioni di anni fa. Un’evoluzione geologica che ha regalato a questi luoghi antichi una posizione dominante sulla piana costiera dell’Etruria meridionale, un terrazzo naturale che consente allo sguardo di spaziare verso l’Argentario e l’arcipelago toscano. Terre popolate da gente rude, stirpe di cacciatori in entrambi i due paesi di Tolfa e Allumiere, borghi di oramai tramontata tradizione mineraria, vicinissimi geograficamente ma in fiera contrapposizione campanilistica e politica tra loro (salvo compattarsi, soprattutto in campo rugbistico, nel nome della rivalità che li accomuna nei confronti dei vicini cittadini della costa).
Ditemi voi perciò se, sulla base del contesto descritto, non sia appropriato definire come la “nostra Scozia” quest’area di highlands etrusche, in cui Civitavecchia, agglomerata attorno al suo porto e alle sue centrali termoelettriche, diviene per forza una Glasgow sul Tirreno. Auguri Centumcellae per i tuoi settant’anni di rugby, arrivederci al traguardo centenario che porti scritto nel nome.
Ringraziamenti
L’idea di quest’articolo nasce da una lunga frequentazione dell’area tolfetana e della costa tirrenica del Lazio settentrionale. All’autore del libro Danilo Catalani e alla terza linea per sempre Carlo Piroli, uno dei tanti protagonisti della favola del Rugby sambuca, vanno i miei sentiti ringraziamenti per avermi fatto da Virgilio in questo breve ma affascinante viaggio nel microcosmo civitavecchiese.