Roma, 30 dicembre 2023.
<Battuto il calcio di punizione per la Lazio, da Nanni a Frustalupi in area Re Cecconi tiro reteeee. Ha segnato Re Cecconi raccogliendo il passaggio filtrante e proprio allo scadere del tempo beffa la difesa del Milan…>.
Così certifica il grande Enrico Ameri, prima voce della mitica trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”, al tramonto della partita.
E’ il 30 dicembre del 1973, cinquant’anni fa oggi, e nella stagione che porta la Lazio a vincere il suo primo scudetto il ricordo va al boato dell’Olimpico alle ore 16,20, circa, di quel giorno.
Il 30 dicembre è una domenica un po’ diversa dal solito perchè vige il regime d’austerità, che vieta a tutti i cittadini l’uso dell’automobile.
Misure drastiche che il governo italiano, insieme ad altri paesi occidentali, prende da qualche settimana per contenere i consumi in seguito alla crisi energetica provocata dai paesi produttori di petrolio.
Tutti a piedi, o in bicicletta, o sui pattini e per noi ragazzi del tempo un inno alla gioia, con la completa gestione della città in totale assenza di pericolo per un traffico inesistente.
Naturalmente circolano i soli mezzi di collegamento e di sostegno per la cittadinanza come bus, pullman, ambulanze; ben poca cosa rispetto al caos di tutti i giorni, specialmente in una città come Roma, e per noi ragazzi interminabili partite a pallone nelle piazze deserte.
I tifosi di calcio si adeguano di conseguenza per raggiungere gli stadi in qualsiasi modo e nella domenica del 30 dicembre 1973, insieme al mio gruppo di tifosi della tribuna Tevere, vado in pullman allo stadio.
All’undicesima giornata del massimo campionato di serie A, all’epoca si giocano trenta gare per un torneo a sedici squadre, la Lazio ospita il Milan con cui ha inaspettatamente e magnificamente lottato l’anno precedente per lo scudetto.
Da qualche domenica i biancocelesti sono in testa alla graduatoria, frutto di un filotto di quattro vittorie consecutive, e lo scontro con i rossoneri viene a proposito per legittimare un percorso e chissà magari rafforzare il sogno scudetto.
Gara vibrante, combattuta, con occasioni da ambo le parti ed apprezzabili interventi sia di Pulici, portiere laziale, che di Vecchi, estremo difensore del Milan.
Quest’ultimo durante la ripresa sfodera un paio di parate che gettano nello sconforto giocatori e tifosi della Lazio, una sorta d’impotenza per un successo che minuto dopo minuto sta sfuggendo.
Il fato però stavolta strizza l’occhio ai giocatori che vestono il biancoceleste che proprio all’ultimo assalto acciuffano la vittoria, consolidando il vantaggio in classifica di due punti su Juventus e Napoli.
Un fato che in quel magico periodo sorride benevolmente ai laziali, perchè in più di un’occasione accompagna l’evento favorevole con il palesarsi del sole.
Credo altresì che all’imbrunire di quelle ore 16,20 di domenica 30 dicembre 1973 l’uscita del sole avviene in virtù del terrificante squarcio provocato dal boato di noi tifosi.
Successive testimonianze arrivano a confermare che fino a piazza Euclide, qualcuno esagerando rivela fino a piazza Ungheria…, l’urlo di gioia sembra paragonabile all’inizio di un uragano.
A parere di chi scrive il boato di quel giorno posso riscontrarlo identico ad altre due circostanze e cioè al momento in cui Giuliano Fiorini segna il goal che salva la Lazio dal dramma della serie C, il 21 giugno 1987 a sette minuti dalla fine, e l’annuncio radiofonico di Riccardo Cucchi che alle 18,04 del 14 maggio 2000, in un Olimpico in angosciante attesa, sentenzia il sorpasso laziale sulla Juventus, perdente a Perugia, e la conquista del secondo scudetto biancoceleste.
Rispetto all’urlo di felicità del rigore-scudetto segnato da Chinaglia il 12 maggio 1974, gli episodi appena descritti ebbero maggiore effetto per eccesso di disperazione e di repressione da ingiustizia.
Ad avvalorare la potenza del boato di cinquant’anni fa la circostanza che lo stadio Olimpico aveva una capienza di circa 85.000 spettatori, oggi non più raggiungibili per lavori di contenimento che negli anni hanno ridotto, per motivi di sicurezza, la capienza dell’impianto.
Un ulteriore ricordo di quel momento, di quella magica giornata, anche la goliardia, di un sano tifo non becero, (vale ovviamente per tutti…) che ci apparteneva.
All’uscita dallo stadio, ebbri di una gioia esagerata, passiamo per il ponte Duca d’Aosta per raggiungere il nostro pullman parcheggiato su Lungotevere vicino al teatro Olimpico.
Incrociamo un giovane papà che insieme a due bambini piccoli ci chiede la strada per raggiungere rapidamente il vicino piazzale Flaminio, rivelando un accento non propriamente romano.
Uno del nostro gruppo, particolarmente avvezzo alle battute e allo sfottò, gli indica la strada: <Allora guarda tu prendi qui a destra lungotevere Flaminio, poi a circa 200 metri giri a sinistra verso via Flaminia, vai verso destra per altro chilometro e poi poco prima di piazzale Flaminio ci saluti Re Cecconi!>.
Il tizio, tifoso milanista, dapprima rimane attonito poi accenna una risata che si mescola alle nostre e stempera in qualche modo la sua delusione.
Finisce con un caloroso abbraccio ed auguri reciproci per il prosieguo del campionato, il tutto in un contesto di simpatia al di fuori degli odierni becerumi.
Altra epoca, altri protagonisti di un calcio ormai presente solo nei ricordi e altra società meno aggressiva, in assenza di social debordanti, con una comunicazione che cominciava a muovere i suoi primi passi.
Un’ultima chiosa la riservo all’Angelo biondo, Luciano Re Cecconi, uno dei grandi interpreti di quella squadra fantastica.
Grande centrocampista a tutto campo antesignano di un calcio moderno che qualcuno, qualche mese dopo ai mondiali di Germania, ci dirà inventato dagli olandesi.
I sostenitori della Lazio però il calcio totale l’avevano già visto in anteprima…
Buon Anno.