Roma, 20 ottobre – Gli ultimi due turni del campionato di calcio inglese 1975-76 furono al cardiopalma. In testa alla classifica si alternarono il Queens Park Rangers e il Liverpool, che passò definitivamente al comando a tredici minuti dalla fine del torneo grazie ai tre gol che gli dettero la vittoria contro il Wolverhampton. In quei momenti così palpitanti nemmeno il più ottimista dei tifosi dei Reds (così sarebbe passato alla storia il Liverpool, per via delle sue maglie) avrebbe potuto immaginare che si stava aprendo il ciclo d’oro della sua squadra.
Nei quattordici anni che sarebbero passati da quel titolo inglese del 1976 al 1990, infatti, la squadra che porta il nome della città dei Beatles avrebbe vinto tutto quello che c’era da vincere, entrando di prepotenza tra le più grandi della storia del calcio mondiale. Tanto che i pilastri di quella formazione ancora ce li ricordiamo bene, perché per noi, ragazzini di quegli anni settanta, erano diventati dei veri idoli. Il portiere Ray Clemence, con la sua maglia verde e i calzoncini rossi come quelli dei compagni, in omaggio alla tradizione tutta inglese che voleva il portiere con gli stessi pantaloncini degli altri per identificarsi con la squadra e non esserne un uomo a parte. I terzini Neal ed Alan Kennedy; i centrocampisti McDermott, Case e Hughes e gli attaccanti Ray Kennedy e Toshack, uno dei giocatori gallesi più forti della storia. Proprio come Ian Rush, che negli anni ’80 ne avrebbe ereditato il ruolo di centravanti dei Reds. E poi lui, il numero 7, Kevin “King” Keegan. Il folletto della fascia destra, l’imprendibile e imprevedibile giocatore di classe che regalava genio e gol alla squadra, fino a trascinarla sul tetto d’Europa. Un genio del calcio che, insieme ai compagni, dette il via al ciclo di vittorie degli anni 1976-1990: 10 campionati inglesi, 2 Coppe d’Inghilterra, 4 Coppe di Lega inglesi, 9 Community Shield, 1 Coppa Uefa (quella del 1975-76, strappata in finale ai belgi del Bruges), 1 Supercoppa Uefa (quella del 1977) e, soprattutto, 4 Coppe di Campioni. La prima conquistata nel 1976-77 a spese del Borussia Mönchengladbach nella finale giocata all’Olimpico di Roma il 25 maggio 1977 (3-1 con gol di McDermott, Smith e Neal). La seconda vinta a Londra il 10 maggio 1978 contro il Bruges: 1-0 con rete dello scozzese Kenny Dalglish, che aveva sostituito “King” Keegan nel ruolo, nel numero di maglia (la 7) e nella leadership della squadra dopo che quello si era trasferito all’Amburgo (estate 1977). La terza il 27 maggio 1981 aParigi contro il Real Madrid (1-0 con gol di Alan Kennedy). La quarta, ahimè, il 30 maggio 1984 ancora all’Olimpico di Roma contro i giallorossi padroni di casa. Gli unici che seppero portare quel Liverpool ai rigori e che, poi, persero la coppa più per sfortuna che per bravura dei Reds, che erano davvero la squadra più forte d’Europa, anche se per strada avevano perso tanti dei giocatori più forti degli anni precedenti.
Il mito, però, era stato già creato e ancora oggi, nonostante quella sconfitta subita dalla nostra squadra del cuore nella partita che poteva essere la sua apoteosi, non riusciamo ad avere in antipatia il Liverpool. Perché quando eravamo ragazzini e poi adolescenti e lo guardavamo alla Tv, ci faceva sognare. Un po’ come ha fatto con i bambini e gli adolescenti di oggi il Barcellona di Messi.
Perché quando ami il calcio e lo vedi giocare ai massimi livelli da campioni veri, non puoi che restarne affascinato.