Roma, 30 maggio – C’è stato un tempo in cui le partite di calcio non si vedevano in diretta alla tv, ma si ascoltavano solo alla radio la domenica pomeriggio, in un programma che si chiamava “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Un programma, si badi bene, che non le trasmetteva neanche tutte, ma solo i secondi tempi. In quel periodo, diciamo la seconda metà degli anni ’70, nel corso dei vari collegamenti con i campi della Serie A, ogni tanto capitava di sentire l’incursione sonora di un radiocronista che, strillando a tutta voce, diceva: “Meta, meta di Bettarello”. E noi, ignari di rugby, uno sport che non era ancora sbocciato alla cultura popolare come oggi, ma che era molto di nicchia, ci chiedevamo: “Ma chi è ‘sto Stefano Bettarello che segna sempre le mete?”.
Non sapevamo ancora che di lì a qualche anno ci saremmo appassionati alla palla ovale anche grazie ad un amico di Rovigo e che, di conseguenza, avremmo compreso l’importanza di Bettarello, Scanavacca (rispettivamente secondo e terzo miglior realizzatore in nazionale dopo Dominguez, che in azzurro ha fatto più punti di tutti) e di tutti quegli altri campioni dediti ad uno sport fatto di sudore, sangue e fratture, ma ricco di sentimenti veri come l’amicizia, il rispetto dell’avversario (al quale si mena rigorosamente secondo le regole) e la comunanza d’intenti. Poi, dato che Bettarello e Scanavacca (che sarà protagonista dei primi anni ’90) sono rodigini di nascita e di squadra, proprio come il nostro amico Gaetano, che ci ha iniziato al rugby, abbiamo cominciato a tifare per i “bersaglieri”in rossoblu (fondati nel 1935 dopo che uno studente padovano, Davide Lanzoni, portò la prima palla ovale in città), che giocano le partite casalinghe nel mitico “Battaglini” e che nella stagione 2015-16 sono tornati a vincere il campionato italiano dopo ben ventisei anni (mai il Rovigo era stato così tanto tempo senza vincere il titolo) battendo Calvisano in finale sul proprio campo, al Battaglini.
Una gioia immensa per la capitale del Polesine, che di rugby ha sempre vissuto e che non vinceva uno scudetto in casa addirittura dal 1963!
Un successo che è stato una liberazione per il popolo rossoblu, che in tutti questi anni di digiuno ha sofferto, ingoiato bocconi amari e vissuto delusioni atroci e immeritate per chi riversa nello sport tanta passione. Anche per questo, per la finale con il Calvisano, il Battaglini era stracolmo già tre ore prima del match, a conferma, come si dice da quelle parti, che Rovigo è davvero “una città in mischia”, che vive di rugby e per il rugby, che regala alla sua squadra un pubblico appassionato come nessun altro e che, il dodicesimo scudetto vinto in 81 anni di storia, ha finalmente rimesso al centro del movimento rugbistico italiano.