Racconti di sport. “Sei Nazioni”, quando il rugby diventa leggenda
Aneddoti, storie e curiosità del Torneo più antico del mondo che inizia sabato, con l’Italia che ospita l’irlanda campione in carica (ore 15.30, diretta DMAX canale 52 dalle 15.00).
Roma, 3 febbraio – “Gli inglesi giocano a rugby perché l’hanno creato, gli scozzesi perché così possono combattere gli inglesi, gli irlandesi perché amano le risse, i gallesi perché sono nati sul campo da rugby o vi sono stati concepiti”. Il proverbio è antico e ci aiuta a capire perché lo sport della palla ovale sia così amato dagli abitanti delle Isole Britanniche, che lo hanno inventato e che hanno dato vita al torneo sportivo più antico del Mondo. Anzi, questo fu la spontanea conseguenza delle tradizionali sfide annuali tra le quattro nazionali di Galles, Inghilterra, Irlanda e Scozia. E a dar loro il crisma dell’ufficialità ci pensò il Times nel 1896, anno in cui pubblicò per la prima volta la classifica di quello che, a quel tempo, venne definito il “Quattro Nazioni”.
A proposito di quegli incontri abbiamo parlato di sfide e non di partite poiché in essi, sia i protagonisti in campo che il pubblico sugli spalti, riversavano tutte le antiche ansie di dominio o rivincita che i singoli popoli britannici provavano l’uno verso l’altro, con l’Inghilterra vista un po’ da tutti come l’avversario da battere.
Eccola, dunque, accolta in Scozia, nel mitico Murrayfield, dalle cornamuse che suonano “Flowers of Scotland”, una vecchia ballata degli Highlanders che celebra le vittorie sul nemico inglese e che è divenuta l’inno della nazione in un pomeriggio in cui, in quello stesso stadio, i quindici uomini in maglia blu, poi ridotti a quattordici a causa di un infortunio, sconfissero proprio i bianchi, facendogli perdere anche il Grand Slam.
Oppure eccola arrivare a Dublino per fronteggiare la tradizionale ostilità degli irlandesi che, solo nel rugby, riescono ad essere uniti gareggiando con un’unica nazionale. Senza distinzioni tra nord e sud, cattolici e protestanti.
E che dire dello spettacolo offerto dal tempio di Twickenam, a Londra, sempre esaurito in ogni ordine di posto quando è la nazionale di sua Maestà ad ospitare le rivali?
Indimenticabile, proprio come il Millenium Stadium di Cardiff, un impianto eccezionale che è la casa del Galles, la nazionale più rappresentativa di una terra che di rugby vive 24 ore su 24.
Nel 1910 il mito di questo torneo attraversòla Manicaallargandosi alla Francia e fu così che assunse quella denominazione di “Torneo delle Cinque Nazioni” con la quale è diventato famoso nel corso dei decenni successivi. Dovette passare molto tempo prima che i francesi riuscissero a conquistare credibilità nei confronti dei loro rivali d’oltremare, un po’ quello che sta accadendo alla nostra Italia, che nel Torneo è stata ammessa solo nel 2000 trasformandolo nel “Sei Nazioni” attuale.
All’interno della competizione, poi, si confondono altri mini-trofei, come la “Calcutta Cup” (destinata alla vincitrice del match tra Inghilterra e Scozia) e il Triple Crow (che simbolicamente premia la nazionale delle quattro britanniche che riesce a battere tutte le altre). Poi ci sono il massimo e il minimo, ovvero il Grande Slam per la squadra che vince tutte le partite e il Wooden Spoon (il Cucchiaio di Legno), che viene simbolicamente dato alla formazione che chiude il Torneo senza vittorie.
I colori e i simboli del Torneo sono leggenda da ormai molto tempo: ci sono il blu scuro e il cardo che distinguonola Scozia; il rosso e le tre piume di struzzo per il Galles; il verde e il trifoglio per l’Irlanda; il bianco e la rosa rossa per l’Inghilterra; l’azzurro e il galletto perla Francia; l’azzurro savoia e lo scudetto tricolore per l’Italia.
Infine gli stadi, in cui si gioca, con l’Olimpico di Roma che fa ormai da degna cornice alle gare interne degli azzurri e che se la può ben giocare, per fama e fascino, con i vari Lansdowne Road (oggi sostituito dal più moderno “Aviva” Stadium), Murrayfield, Twickenam, Millenium Stadium e Stade de France. Nomi che evocano storie e luoghi del cuore e della memoria, dove sono state scritte pagine epiche del rugby europeo che, per tradizione, si contrappone a quello dell’emisfero sud del mondo, giocato da Sudafrica, Nuova Zelanda e Australia. Se là c’è il Tri Nations, qui c’è il Sixt Natios, ovvero il torneo sportivo più antico e più bello del mondo.