La domenica era il giorno sacro deputato alla pedata, l’inizio delle partite era rigorosamente alle 14,30 e si andava allo stadio, magari dopo il pranzo domenicale in famiglia.
In alternativa verso le 15,30, all’inizio dei secondi tempi, c’era l’atteso collegamento radio con “Tutto il calcio minuto per minuto”.
In questo contesto diverse erano le figure, i personaggi, anche di contorno che avevano una certa importanza nelle squadre di calcio e nella Capitale dall’inizio degli anni ’60 c’era la “Sora Gina”.
Gina Ciaschini, marchigiana del ’26, arrivò alla Lazio come responsabile del guardaroba per poi più specificatamente occuparsi della lavanderia, ma non solo perché di fatto era una mamma generalizzata per tutti i calciatori che a lei si rivolgevano per qualsiasi cosa.
Era abbastanza usuale vederla a bordo campo nel comprensorio di Tor di Quinto, quartier generale della Lazio a ridosso della Via Flaminia, occuparsi dei figli più piccoli dei giocatori intenti ad allenarsi, oltre naturalmente alle proprie faccende.
Le testimonianze e gli aneddoti narrano di Gina come colei che applicò materialmente lo scudetto tricolore, il primo vinto nel ’74, sulle maglie degli atleti, ponendo attenzione nelle successive lavature a far sì che i colori più accesi non stingessero il celeste di base della divisa.
“Sora Gina” era un punto di riferimento per tutti in quel calcio d’altri tempi, come sicuramente in tutte le squadre, una persona, al pari dei massaggiatori, a cui potersi rivolgere al riparo da occhi ed orecchi indiscreti.
Per ribadire l’umiltà della persona, Gina per recarsi a lavorare prendeva addirittura 5 mezzi all’andata e 5 al ritorno, per coprire il tragitto dal Flamino a Tor Sapienza dove abitava; col traffico di Roma, da impazzire!
Gina Ciaschini nel tempo è, ovviamente, diventata una scatenata tifosa della Lazio, non facendo mai mancare dalla tribuna Monte Mario il suo passionale sostegno ai suoi ragazzi.
“Sora Gina” ci ha lasciato nell’aprile dell’89 e recentemente è stata ricordata con una gigantesca coreografia in Curva Maestrelli, intenta a cucire il Tricolore sulle maglie, nella serata “di padre in figlio”; un dolce ricordo per chi ha vissuto la Lazio in modo particolare, seppur dietro le quinte.