Parafrasando la battuta dei due comici, la triste storia che sto per raccontarvi è esattamente riferita a vent’anni fa, protagonista la Lazio, allenata all’epoca da mister Zeman, nei sedicesimi di ritorno della Coppa Uefa ‘96/’97 a Tenerife.
Nel paradiso delle isole Canarie, a circa 300 km. di distanza dalla costa del Marocco nell’Oceano Atlantico, Tenerife è l’isola più grande e personalmente la frequentai per una settimana a settembre del ’96 proprio una cinquantina di giorni prima dell’incontro di calcio della Lazio.
Una vacanza splendida di cui ancora oggi serbo un ricordo meraviglioso, per i posti, per la cordialità della gente, per il cibo, insomma un soggiorno ideale in un contrasto spettacolare tra mare e montagna col massiccio del Teide, al centro dell’isola, alto più di tremila metri.
Il destino, a volte cinico e baro, mise di fronte nel secondo turno della coppa europea proprio Lazio e Tenerife ed all’andata all’Olimpico i biancocelesti superarono per 1-0 gli spagnoli, allenati da quella vecchia volpe di Heynckes, soffrendo alquanto prima di andare in vantaggio.
Il Tenerife, che nel precedente campionato spagnolo aveva ben figurato centrando la qualificazione in Uefa, era una buona squadra però non certamente il Real Madrid o chissà quale altro squadrone europeo e la Lazio comunque aveva in organico gente come Marchegiani, Signori, Casiraghi, Fuser, Nedved, Nesta, di conseguenza c’era un ragionevole ottimismo per il ritorno.
Avevo cullato, in un primo tempo, l’idea di tornare in quel Paradiso approfittando della gara che si svolgeva di martedì, magari con la formula di un fine settimana lungo; tuttavia problemi di lavoro mi impedirono di essere presente allo Estadio Rommel Fernandez, per cui alle ore 22, l’inizio delle partite allora in Spagna era ritardato, ero sintonizzato da casa mia.
Come spesso succedeva ero solo a soffrire per la mia Lazio, con i miei figli già a letto e mia moglie a cena fuori con la sorella approfittando del fatto del marito “assente”.
La partita si mise subito bene per la Lazio perché dopo un quarto d’ora Nedved la portò in vantaggio ed in virtù del goal fatto in trasferta cresceva la fondata speranza della qualificazione.
Quella timida certezza s’infranse fragorosamente perché il proseguio della gara fu un concentrato di contraddizione, mista a sfiga, tipico della storia della Lazio.
In un carosello turbinoso ci fu pareggio e vantaggio del Tenerife, poi ancora pari della Lazio e successivo sorpasso dei padroni di casa allo scadere della prima frazione. Con l’inizio del secondo tempo però sussulto d’orgoglio dei biancocelesti col 3-3 di Casiraghi; è fatta, ho pensato tra me e me dal momento che fare tre goals in trasferta….
Invece nei successivi quindici minuti, la definitiva disfatta con due reti del Tenerife che difesero il rocambolesco 5-3 finale dagli sfiduciati assalti dei laziali.
Ma vi rendete conto uscire dalla competizione dopo aver fatto 3 reti in trasferta? Contro una formazione dignitosa ma, come già accennato, non la prima squadra del Continente!
Quello che successe dopo, la partita era finita intorno alla mezzanotte, mi è stato raccontato da mia moglie il mattino seguente quando mi sono svegliato ed ero completamente vestito sotto le coperte. Mia moglie era rientrata verso l’una di notte e mi trovò davanti al televisore che parlavo da solo, agitando le braccia, davanti alle previsioni del tempo che andavano in onda sull’emittente collegata!
Con santa pazienza, devo riconoscere che ne ha avuta tanta nel nostro rapporto, la mia signora mi ha tolto le scarpe, mi ha alzato di peso, ho scoperto che aveva due bicipiti niente male…, e mi ha messo a letto completamente vestito, esausta comunque per lo sforzo profuso.
Vi giuro sui miei figli che la mattina dopo non ricordavo più nulla, a stento rammentai che eravamo usciti dalla Coppa. Mi avviai deluso verso il mio ufficio con la certezza matematica che gli amici del cuore, romanisti, mi avrebbero massacrato di sfottò… e così fu…
La mia è una triste storia……