Roma, 5 ottobre 2022.
E’ oggettivamente difficile parlare dopo tanti anni, tante pubblicazioni, tante testimonianze, di Tommaso Maestrelli in vista, dopodomani, della ricorrenza del centesimo anno dalla nascita.
Mi limito a dire, per aver vissuto visceralmente quegli anni, che Maestrelli, paradossalmente, si è distinto più come uomo che come tecnico nell’arco della sua vita interrotta prematuramente a 54 anni.
Come tecnico ha fatto bene ovunque, in piazze calde come Reggio Calabria, Bari, Foggia, vincendo per tre volte, Reggina, Foggia e Lazio, il prestigioso “Seminatore d’Oro” quale miglior allenatore della rispettiva categoria.
Il capolavoro lo raggiunge nell’esperienza romana con la Lazio, presa nel 1971 negli abissi della serie B, quando nel 1974 vince lo scudetto il primo del sodalizio biancoceleste.
La vicenda umana di Maestrelli si completa in una città come Roma che non ha mai fatto sconti a nessuno pur non vantando, tra tutte e due le società capitoline, mirabolanti trofei come le grandi del nord.
Maestrelli, come detto, arriva nella capitale a giugno 1971 in un clima ostile, diffidente, sia a livello di tifoseria che tecnico, di squadra.
Tommaso ha il buon senso di non fare la rivoluzione, non usa il bisturi bensì coinvolge col suo carisma, con la sua diplomazia, i giocatori e a poco a poco tutto l’ambiente.
Il cammino è abbastanza travagliato perché Roma è un tritacarne che non ha paragoni con la provincia, tuttavia la prima missione di riportare la Lazio in A si compie nell’estate del 1972.
Un’estate drammatica, in preparazione al campionato ‘72/’73, perché gli iniziali entusiasmi fanno i conti con un precampionato disastroso in cui nulla funziona e la figura stessa di Maestrelli ritorna prepotentemente in discussione.
Tommaso però, in cuor suo, percepisce che qualcosa sta cambiando, perché vede nel lavoro di tutti i giorni che il materiale a disposizione è di primordine.
Soprattutto sa di avere “uomini” dalla prorompente personalità che prima o poi arriveranno a conseguire dei risultati, sta a lui incanalarli nei giusti binari.
Non sto qui a ricordare lo sviluppo dell’epopea biancoceleste, il grande traguardo dello scudetto vinto, quello che mi preme ricordare è la figura dell’uomo.
Maestrelli è ricordato dopo tanti anni perché non ha mai venduto fumo, concependo il calcio a misura d’uomo senza esagerazioni.
Qualche giudizio iniziale, sulla sua figura, sulla sua civiltà nei modi, è orientato erroneamente verso una piatta bonomia.
Niente di più fasullo e lo dimostrano centinaia di episodi che nella maggior parte dei casi riguardano il rapporto con Giorgio Chinaglia, il quinto figlio di Tommaso…
Maestrelli sin dal primo incontro con il centrattacco sfodera la sua diplomazia, il suo modo di fare persuasivo, per veicolare al meglio i furiosi istinti di Giorgione.
In proposito il rifermento è al racconto del 16/6/2021, su attualita.it, <Chinaglia, Maestrelli e un limone…>.
Chinaglia è il figlio prediletto ma Tommaso ha stile sufficiente affinchè anche gli altri atleti si uniscano alla “brigata”, senza alcun sintomo di gelosia.
In quegli anni dove Roma vive le turbinose vicende del “mago” Herrera alla guida dei giallorossi, Maestrelli porta serietà, cordialità e mancanza di presunzione.
In una delle tante interviste rilasciate chiedono a Tommaso il giocatore ideale per la sua Lazio, da fabbricare in laboratorio:<Prenderei lo slancio di Wilson, l’aggressività di Martini, il fiato di Re Cecconi, la tecnica di Frustalupi, ma soprattutto la gran voglia di vincere, di vincere sempre di Chinaglia>.
Vicino a Tommaso è giusto ricordare la sua famiglia, dalla signora Lina ai quattro figli, vera forza trainante e rifugio prezioso nei momenti di maggior difficoltà.
Tornando al discorso tecnico Maestrelli, la settimana prima dell’esordio contro l’Inter nel torneo ‘72/’73, la prima del ritorno in serie A, trasforma la squadra con un’intuizione tattica.
Arretra Martini sulla linea dei terzini, in modo da non pestarsi i piedi con la mezzala Re Cecconi, porta Nanni in mediana con licenza da incursore e plasma Manservisi da punta ad ala di raccordo.
Un gruppo di giovanotti indisciplinati e bizzosi diventano SQUADRA, che la credibilità di Tommaso tiene saldamente in pugno.
La Lazio esplode fragorosamente proponendo un calcio avveniristico che solo qualche anno più tardi, a dispetto di una critica superficiale, verrà equiparato al calcio champagne di matrice olandese.
Curiosa una battuta di quel tempo che Maestrelli fa al suo diretto collaboratore Bob Lovati, preoccupato che alcuni osservatori stranieri sarebbero venuti a Roma per studiare le innovative (?) tecniche d’allenamento della Lazio.
<Bob ma che gli facciamo vedere a questi? Cosa mai ci possiamo inventare?>.
Sono stato testimone, in quegli anni, degli allenamenti che si svolgevano a Tor di Quinto ed il segreto di Pulcinella stava nelle infinite partitine a due tocchi, con movimenti continui con e senza palla, a metà campo e a ruoli invertiti ed un certosino lavoro sui portieri.
Altro che ripetute, allenamenti su palla inattiva ed altre diavolerie dei tempi moderni.
Non so dire se l’epoca che abbiamo vissuto, pre-internet e pre-social, almeno fino all’inizio degli anni ’90, sia migliore dei tempi attuali.
Di certo l’amore e il ricordo e le testimonianze sono qualcosa di eternamente solido, altrimenti non si spiega come a cinquant’anni e più di distanza il viso si riga ancora di quel liquido che scende dagli occhi.
Ultimissima chiosa: Il campionato ‘73/’74 si apre il 7 ottobre 1973 con il 51° compleanno di Maestrelli, Vicenza-Lazio 0-3.
Il 19 maggio 1974, ultima giornata, la Lazio festeggia lo scudetto appena vinto pareggiando a Bologna 2-2, nel giorno dell’11° compleanno di Massimo e Maurizio i due gemelli figli di Tommaso.
Poteva mai Tommaso Maestrelli non vincere il tricolore con la sua amata Lazio?…