Vojo Giorgione…..

L'idolatria perversa nello sport, nel calcio.

Roma, 7 novembre 2018

Ci sono delle date nel nostro percorso di vita che hanno un significato, un ricordo indelebile, relativamente ad un episodio particolare; però in qualche circostanza la stessa data, anche in un anno diverso, ci ricorda altre situazioni magari pure grottesche.
Senza voler enfatizzare, in fondo parliamo di ricordi sportivi, il 7 novembre di quarantacinque anni fa per la Lazio fu una serata drammatica per la vicenda della rissa nella gara di Coppa Uefa contro gli inglesi dell’Ipswich, che costò ai biancocelesti la squalifica dai tornei internazionali per un anno con conseguente NON partecipazione alla Coppa dei Campioni della successiva stagione.
La cosa strana però, che vi voglio raccontare e che mi è ritornata alla memoria, è che la stessa data di due anni prima mi vide protagonista di un episodio strano, a dir poco incredibile.
La domenica del 7 novembre del 1971 mi recai ad Arezzo, insieme a mio padre e ad altri due amici, per seguire la Lazio impegnata nel campionato di serie B nel tentativo, poi riuscito, di tornare immediatamente nella massima categoria. All’epoca una delle cose più belle nel seguire la propria squadra in trasferta era il treno speciale, come mezzo per raggiungere le varie località, ossia un treno completamente dedicato ai tifosi, a prezzi modici, come fosse un charter.
La vicinanza della trasferta invogliò più di quattromila tifosi al seguito, con bandiere, striscioni, sciarpe e quant’altro in un tripudio di festa e colori ed arrivammo nella cittadina toscana intorno alle ore 11 in abbondante anticipo con la partita che avrebbe avuto inizio alle ore 14,30.
Appena usciti dalla stazione, dopo aver consumato un pasto veloce, ci incamminammo a piedi in direzione stadio percorrendo un lungo viale di circa due/tre km. a metà del quale c’era un piccolo parco con gente che guardava incuriosita l’invasione biancoceleste.
Notammo ad un certo punto un assembramento di persone, a ridosso di una panchina, che ci aveva preoccupato perché pensavamo ad un tafferuglio tra persone; invece, per fortuna, niente di tutto questo, tuttavia ci avvicinammo per vedere cosa fosse successo.
Si trattava di un giovanotto sulla ventina, sdraiato su una panchina, che si lamentava a voce alta, quasi delirando e vicino a lui alcune persone, forse i suoi stessi amici, che cercavano di capire i motivi di questi deliri proponendo addirittura l’arrivo di un soccorso medico. “Che c’hai, che te senti?” domandavano gli amici e questo farfugliava risposte senza senso; “Ahò ma ce voi dì che c’hai, che te potemo fa?, vuoi che chiamamo er dottore?” insistevano le persone a lui vicine. Sta di fatto che all’ennesima richiesta per capire cosa avesse, che cosa provasse, il ragazzo di colpo rispose: “vojo Giorgione, vojo Giorgione!”
Ci fu repentinamente un clamoroso “vaffa” liberatorio indirizzato nei confronti del giovane che, magari in preda ad un piccolo malore, invocava il suo (nostro) idolo sportivo a sostegno del proprio stato fisico.
Per la cronaca la gara finì 2-2 e Giorgione Chinaglia segnò, con una bordata delle sue, uno dei due goals della Lazio che riuscì a fine torneo a ritornare in serie A dando inizio a quella fantastica favola che la portò a vincere il suo primo scudetto nel ’74, con Giorgione capo-cannoniere…..

Exit mobile version