Racconti di sport: Wembley 42 anni dopo

Roma, 14 novembre 2015 – In questi giorni di “stanca”, con la serie A ferma, si coglie l’occasione per sistemare un po’ di cose arretrate, si riordinano gli appunti e qualcosa salta sempre fuori.

Oggi sono quarantadue anni da una storica impresa del calcio italiano perché il 14 novembre del ’73 gli azzurri di Valcareggi espugnarono il mitico stadio di Wembley per 0-1 con rete all’87° di Fabio Capello. (di cui abbiamo parlato nel nostro ‘Almanacco’)

La partita era un’amichevole con la nostra nazionale gia qualificata per i mondiali di Germania, che si sarebbero svolti nel successivo mese di giugno del ’74, e gli inglesi inopinatamente eliminati dalla rivelazione Polonia che poi arriverà addirittura terza nella kermesse iridata.

Nel presentare la prestigiosa partita alcuni tabloid locali titolarono:  “Questa sera a Wembley gara di alto livello tra i bianchi di Sir Alf Raamsey e l’Italia  con centoventimila spettatori, novantamila inglesi e trentamila camerieri”.

La formazione dell’epoca, come più volte ricordato, si recitava come il Padre Nostro ed era la seguente: Zoff, Spinosi, Facchetti, Benetti, Bellugi, Burgnich, Causio, Capello, Chinaglia, Rivera, Riva, col nostro “portierone” imbattuto da oltre ottocento minuti.

A quei tempi il nostro gioco era basato su una ferrea difesa ed un micidiale contropiede e paradosso del gioco del calcio giocavamo sempre con due punte ed un rifinitore; mi viene da ridere oggi nel pensare che siamo schiavi dei vari moduli, che spesso sono concepiti con una sola punta ed a volte non esiste neanche il trequartista.

Tornando al nostro ricordo tutti gli azzurri giocarono una grande partita, fu una vittoria del collettivo con punte di eccellenza in Rivera, deliziosi alcuni servizi alle punte Riva e Chinaglia, Zoff, eccellenti alcune parate nel suo stile essenziale, il capitano Facchetti, sempre elegante, la “roccia” Burgnich e lo stopper Bellugi.

L’azione decisiva, a tre minuti dalla fine, fu un capolavoro tattico e tecnico perché gli inglesi non toccarono minimamente il pallone; rimessa dal fondo di Zoff verso Causio, appoggio a Rivera che poco prima del cerchio di centrocampo smista verso Capello che a sua volta lancia nello spazio sulla destra Chinaglia, affrontato dal rude Mc Farland.

Giorgione s’ingobbisce palla al piede e, seppur decentrato, scarica una “mina” che brucia letteralmente le mani a Shilton; il portierone britannico rinvia corto e Capello, che aveva opportunamente seguito l’azione, ribatte in rete per la vittoria finale.

Dopo questa impresa l’Italia di diritto entrò tra le favorite per il successivo torneo iridato, ma le cose non andarono come pronosticato, mentre gli inglesi, in piena depressione, si rammaricarono per essersi lasciate sfuggire il centravanti che avevano in casa; i colleghi britannici ce l’avevano con Chinaglia, l’emigrante che fino a qualche anno prima giocava nello Swansea di Cardiff.

Una bella soddisfazione per l’ex “cameriere” italiano!

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