Non guardatelo oggi, alla guida di un Pescara mal ridotto che ha ripreso in mano dopo i fasti della promozione in A di qualche stagione fa.
Ripensate al suo Foggia, alla sua Lazio, alla sua Roma degli anni ’90, quelli nei quali il suo 4-3-3 imperava nel nostro campionato a suon di gol e spettacolo. Un movimento di pensiero, più che uno schema. Un modo di essere, più che una tattica. Sempre all’attacco, niente compromessi, gioia di vincere e vivere, segnare e divertirsi, anziché stare in difesa, tutti coperti e contropiede, sperando di fare quella rete sulla quale poi speculare per portare a casa il risultato. Rambaudi-Baiano-Signori a Foggia; Rambaudi-Casiraghi-Signori nella Lazio; Paulo Sergio-Balbo-Gautieri e poi Gautieri-Delvecchio-Paulo Sergio nella Roma, fermata solo da troppe decisioni arbitrali controverse nel campionato che seguì la sua polemica estiva contro il doping, le farmacie e le finanziarie che dovevano uscire dal calcio e che lo portò ad essere considerato il nemico numero uno della Juve e l’idolo di tutti gli anti-juventini d’Italia. Romanisti in primis, ovviamente, per i quali è ancora oggi un mito, anche se in campo poco ha portato alla loro squadra.
Grandi goleade e rovesci impensabili, la sigaretta sempre in bocca (quando si poteva fumare) e quel ghigno sarcastico di chi ha visto tanta vita e tanto mondo per potersi ancora stupire di qualcosa. Lavoro, lavoro e lavoro. Esercizi e gradoni, dieta e disciplina. Così allena i suoi giocatori e ancora dobbiamo conoscerne uno che non gli è stato grato di quanto fatto insieme. Su tutti Totti, che lo considera il miglior allenatore che ha avuto insieme a Mazzone, per lui un secondo padre.
Auguri mister, leggenda del nostro calcio.