Mi è venuta in mente questa titolazione ricordando un vecchio film del ’61, ispirato ai racconti dei vangeli ed è curioso, oltre che suggestivo, che la ricorrenza venga sugellata e certificata dalla manifestazione sportiva più importante del mondo.
Usain Bolt con la terza tripletta consecutiva, 100-200 e 4×100 da Pechino 2008 passando per Londra 2012 fino a Rio 2016, è entrato di diritto nella ristretta cerchia degli sportivi “leggendari” e subito si sono verificati i commenti più disparati in proposito.
A livello giornalistico si sono sprecate le varie classifiche, trovando fertile terreno per comparazioni e rievocazioni di ogni tipo, mentre atleti, o ex tali, si sono distinti in commenti di vario tipo, come i (gelosi?) riferimenti di Carl Lewis che, da anni, non ha mai risparmiato frecciate al giamaicano.
L’uomo più veloce del pianeta ha rivendicato, dopo il nono ORO conseguito, di essere entrato nell’Olimpo ristretto insieme a Pelè ed Alì e come detto si sono subito scatenate varie classifiche in proposito.
Ma è giusto lasciarsi andare a simili considerazioni? Anche qui il cassetto della memoria ha tirato fuori due situazioni curiose: la prima nel ’69 poco dopo la scomparsa di Marciano, imbattuto campione dei pesi massimi di boxe degli anni cinquanta, un sofisticato cervello elettronico (!), per stabilire chi fosse il più grande boxeur di tutti i tempi, elaborò centinaia di dati relativi alla carriera di Marciano contrapposti a quelli di Alì all’epoca ventiseienne, astro nascente del pugilato mondiale, campione del mondo dei massimi, seppur squalificato per il noto rifiuto ad ottemperare al servizio militare nell’esercito degli Stati Uniti. Gli americani, prima della morte di Marciano, congegnarono cinematograficamente tre diversi finali, vittoria di Alì, vittoria di Marciano e pareggio, in attesa del responso del “cervellone” che alla fine decretò la vittoria per KOT di Marciano alla 13° ripresa. La seconda, più recente, ha parametrato nel ciclismo quattro vittorie prestigiose al Tour de France nella scalata del terribile Mont Ventoux e precisamente Mercks nel ’70, Bernard nel ’87, Garate nel 2009 e Pantani nel 2000.
In questa circostanza, più semplicemente, sono stati presi i tempi di scalata di ogni corridore della salita ed il risultato, proposto nelle varie immagini sovrapposte in un montaggio su Bike Channel, ha premiato Bernard su Pantani, terzo Garate, quarto il “Cannibale” Mercks.
Suggestioni da bar dello sport perché stabilire chi è il più grande sportivo di tutti i tempi moderni, più di cento anni di varie gare e prestazioni, è cosa veramente impossibile, non fosse altro che per i diversi materiali utilizzati, la diversa alimentazione e le diversissime metodologie di preparazione.
Tornando ad Usain Bolt si può facilmente sostenere che il giamaicano è un’atleta straordinario, un vero FENOMENO, perché comunque conseguire ben nove ORI in un totale di decine e decine di gare, tra batterie, semifinali e finali, in un arco temporale di otto anni non è da tutti; anzi è la riprova che il “nostro” è un grande professionista dotato sì di un talento naturale ma arricchito da allenamenti duri e continui. In altri tempi un velocista che arrivasse a trent’anni nello splendore di Bolt era impensabile, per l’usura stessa delle specialità praticate e forse da questo punto di vista il primo grande esempio di longevità atletica fu l’azzurro Pietro Mennea.
Bolt oltre alla tripletta olimpica ha arricchito il suo palmares di vari titoli iridati, con i record mondiali sui 100 e 200 metri ottenuti a Berlino nel 2009.
Usain è senz’altro molto vicino alla filosofia “giggioneggiante” di Alì, nel senso che si è sempre dimostrato disponibile nei confronti della gente e degli addetti ai lavori, con la giusta teatralità in pista prima dell’inizio delle gare. Un personaggio “sociale” che non si è mai rinchiuso nella torre d’avorio, sentendosi ambasciatore della propria terra, la Giamaica, non più famosa solo per il reggae o per il rum!