Mamma li turchi! 200 metri ad un azero. Italia ferma al palo. Chi paga?

Roma, 11 agosto 2017 – Wayde Van Niekerk si conferma  l’erede di Usain Bolt, conquistando l’argento nella finale dei 200 metri, vinta a sorpresa  dall’azero turco Ramil Gulijev, un carneade  bianco nato a Baku   che fino ai 27 anni non aveva mai vinto nulla di importante.
Nessuna medaglia per gli americani Usa.  Neanche un  connazionale di Bolt schierato ai  blocchi di partenza  della finale.
Nel mondo dell’atletica si sta verificando un autentica rivoluzione. Gli USA sono ai primi posti del medagliere ma non grazie alle performance nelle storiche specialità della velocita, ma grazie alla supremazia nei concorsi e negli ostacoli. Specialità più tecniche che richiedono  strutture ed impianti, dove non basta soltanto correre.
Dunque, il sudafricano Van Niekerk non ce l’ha fatta a bissare gli ori nei 200 e nei 400. Una impresa davvero temeraria riuscita soltanto una volta nella storia dell’atletica, dal mitico Michael Johnson.
Forse Wayde ha chiesto veramente troppo a sé stesso. Conciliare le due specialità di resistenza dello sprint (200 e 400 metri) in una stessa manifestazione mondiale  scendendo in pista in 5 giorni sei volte, è impresa veramente eccezionale da superman, specie quando devi correre al massimo i 200 metri (come nella finale di ieri) dopo aver i partecipato e vinto sull’intero giro di pista. Una gara che prosciuga.
I 400 metri sono una specialità al limite della attività  anaerobica in cui un atleta consuma tutte le energie immagazzinate  nelle fibre muscolari senza intervento  dell’ossigeno  introdotto per via respiratoria nel sangue. Recuperare il deficit totale di ATP in 24 ore è impresa assolutamente ardua.
Eppure Van Niekerk è stato vicinissimo a questa enorme impresa. Per 380 metri  la sua falcata armoniosa e potente ha dominato la scena. I suoi muscoli di seta  accarezzavano la pista lasciando indietro tutti gli altri competitori a cominciare dagli americani a finire dallo stesso Isaac  Makwala, il fulmine del Botwana recuperato dalla quarantena in extremis che era il più fresco e favorito, ma forse anche debilitato…
Poi, a 20 metri dal traguardo storico,  i garretti di Wayde hanno improvvisamente  smesso di attingere carburante ATP dalla muscolatura   col  sangue ormai invaso da tossine.. Il sudafricano  è andato avanti soprattutto grazie all’inerzia accumulata ed alle energie mentali patrimonio dell’attività rugbystica. Ma non è bastato per frenare l’irruenza  e la perfetta distribuzione di energie del  turco  Gulijev. Sufficiente, comunque, per togliere la seconda piazza al Trinidense Richards. E realizzare una impresa storica per la velocità.
Dicevamo di Van Niekerk rugbysta. Come prima di lui negli anni settanta l’italo-sudafricano Marcello Fiasconaro fu pescato su un campo di rugby dopo una gara scolastica sui 400 metri (conseguendo gloria  imperitura e record del mondo sugli 800 metri con la sua falcata  forzata strappa tendini in cui metteva a rischio sempre sé stesso), anche Wayde è stato pescato dall’atletica  su un campo da rugby di Cape Town. Assimilando da questo sport di combattimento la capacità di sublimarsi nello sforzo. Di dare il 120 per cento per  superare sé stesso e l’avversario per affrontare qualsiasi impresa.
Van Niekerk era ben consapevole che  correre nella stessa manifestazione 200 e 400 metri è ben diverso di tentare l’accoppiata  100 e 400 metri. Quì, infatti, la partecipazione ai 400 metri  non impedisce di recuperare energie per dare il meglio nei 10 secondi richiesti dallo sprint breve.
Per i 200 m è diverso è si è visto ieri sera. 
Però è stato un sfida che Van Niekerk ha voluto ugualmente fare. Ed ha avuto ragione perché a Londra, ieri notte, si è capito che il sudafricano (con qualcosa di italiano) è sicuramente il più forte sulla distanza  e della velocità mondiale  e, le prossime gare, lo confermeranno.  
Con buona pace del suddito di Erdogan, nato in Azerbajan ,   che debitamente ringrazia e porta in Turchia. 
Triste, ultima,  notazione per l’Italia. La penultima occasione per mettere in luce una maglia azzurra nella più fallimentare partecipazione italiana  di tutti i tempi ad un evento internazionale, è andata in fumo. La saltatrice in alto, Alessia Trost, fallendo i tre tentativi per qualificarsi alla finale  ad 1,92 m, ha dovuto mestamente abbandonare la competizione che pur la vedeva possibile protagonista.
Anche lei, come praticamente tutti gli atleti italiani convocati,  non è stata capace di gareggiare al livello raggiunto per conseguire i limiti di partecipazione.
Qualcuno dovrà pure rispondere per questo fallimento collettivo! Qualcuno  si assumerà qualche responsabilità? Qualcuno offrirà le proprie dimissioni? Il Presidente del Coni  Malagò continuerà a far finta di niente?
Questa sera in pedana l’ultima speranza azzurra. Sempre nel salto in alto, qualificazione per Gian Marco Tamberi, lo sfortunatissimo azzurro che,  tra i  favoriti ai Giochi Olimpici di Rio, dovette dare , invece, forfait in extremis per un malaugurato infortunio.
Auguri Gian Marco da tutto lo sport italiano.

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