Roma, 19 aprile 2022 – E’ proprio vero che il calcio è lo specchio dei tempi che viviamo. O della società in cui viviamo.
In fondo i calciatori non sono altro che i figli dei loro tempi e della società in cui vivono e giocano.
Per questo non ci scandalizziamo troppo quando vediamo questi ragazzotti che ai giorni nostri tirano calci ad un pallone tutti pieni di tatuaggi.
Non ci scandalizziamo perché sono uguali a tutti gli altri ragazzotti della loro età che girano per le nostre strade e che vivono insieme a noi.
Perché i calciatori dovrebbero essere diversi da loro, visto che hanno la loro stessa età?
Anche i calciatori seguono la moda del momento, che può piacere oppure no. Ma questa è e loro fanno come dice lei.
Si può obiettare rispondendo: le mode sono fatte per chi non ha personalità. Si, forse è vero. Ma forse sono anche fatte perché ci sono quelli a cui piace seguirle.
È stato sempre così e sarà sempre così. Prendete questa foto che alleghiamo all’articolo e che abbiamo scelto come esempio del calcio degli anni ’70.
È la formazione del Perugia 1974-75, quella che conquistò la prima promozione in Serie A della storia della società umbra.
Guardate i calciatori che la compongono e vedrete che anche loro, come i ragazzi del loro tempo, avevano quasi tutti i baffi.
Cosa che accomunava i giocatori di questo Perugia a tanti altri loro colleghi che militavano in altre squadre. Italiane o straniere, ovviamente.
In questo Perugia aveva i baffi il portiere Marconcini (folti, alla messicana) e il libero Frosio (più sottili, appena accennati) che gli sta accanto.
E li avevano gli altri che sono in piedi dopo di lui: Raffaeli, Amenta, Baiardo e Scarpa.
E li avevano anche due di quelli accosciati: Sollier e il povero Renato Curi, che poi morì d’infarto sul terreno dello stadio che oggi gli è intitolato, a Pian di Massiano, in una partita casalinga contro la Juventus.
Gli anni ’70 erano quelli dei baffi e dei baffoni. Gli anni che viviamo sono quelli dei tatuaggi. Ogni epoca ha la sua moda. E anche i calciatori la seguono.
Dai baffoni ai tatuaggi così va il mondo e così, di conseguenza, va il calcio e chi lo gioca. Che di quello è sempre espressione e immagine.
Chi lo diceva? Ci pare un tale Eduardo Galeano. Uno dei più grandi scrittori latino-americani, che al football ha dedicato un bellissimo libro, che vi consigliamo di leggere: “Splendori e miserie del gioco del calcio”.