Calcio. E’ passato lo straniero
A leggere i tabellini della Serie A scopriamo che ormai parliamo di un campionato sempre meno italiano. Ma è giusto?
Roma, 6 febbraio 2017 – Premessa: ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole nel rispetto delle regole. Ma nessuno ci può convincere che continuando ad infoltire le squadre italiane di giocatori stranieri che non sono assolutamente più forti dei nostri, si faccia aumentare la passione dei tifosi. Che, invece, pian piano si perde, perché questi amano identificarsi con i loro idoli e se sono del loro Paese l’identificazione è anche maggiore.
Certo, se dall’estero arrivano Maradona, Platini, Falçao, Krol, Van Basten, Gullit, Matthaeus e campioni come loro (come accadeva negli anni d’oro del calcio italiano) il nostro discorso non regge. Ma se da fuori arrivano i tanti mediocri che vediamo calcare i nostri campi da un po’ di anni a questa parte allora tutto cambia. E ci domandiamo: ma rispetto a loro, che nulla portano e nulla danno allo spettacolo calcistico italico, non sarebbe meglio traslare direttamente in prima squadra i ragazzi della Primavera? Almeno avremmo in campo più amor proprio, più attaccamento ai colori, più sentimenti che fanno vibrare le corde emotive dei tifosi, che pian piano si stanno stancando di questo andazzo. La riflessione nasce dalle tante lamentele in tal senso che riceviamo quotidianamente dagli appassionati di calcio che hanno la bontà di leggerci e dalla continua presa visione dei tabellini della Serie A.
Prendiamo, ad esempio, la formazione dell’Udinese nella gara di Verona contro il Chievo: 11 stranieri titolari in campo e 8 in panchina. Ma non è troppo? E domani sera la Roma che affronterà la Fiorentina nel posticipo della 23ma giornata all’inizio manderà in campo un solo italiano, De Rossi, mentre l’Inter che ha giocato a Torino contro la Juve di italiani ne ha schierati tre: Gagliardini, Candreva e D’Ambrosio. E il Napoli che ha vinto a Bologna aveva il solo Insigne a rappresentare il tricolore (poi è entrato Giaccherini). Ma potremmo continuare per tutte le altre.
Certo, chi vince si appassiona comunque, ma dato che a vincere in Italia è sempre e solo la Juventus (e continuando di questo passo crediamo che sarà così ancora per molto), ai tifosi delle altre squadre, che giocano sapendo già come andrà a finire, diamo un motivo diverso per seguire il calcio. La passione di tifare per chi li rappresenta davvero, per i cosiddetti calciatori-bandiera anche perché nati e cresciuti nel club in cui giocano da sempre e che loro stessi sentono dentro. Non per chi cambia maglia ogni anno.
Il ragazzino che ha un idolo e poi lo perde subito, magari vedendolo giocare l’anno dopo con la squadra che è da sempre rivale della sua, è un tifoso che alla lunga si perderà. Anche per questo il calcio sta scemando tra gli interessi della gente che, ormai, stenta a riconoscersi in chi lo gioca.
Purtroppo per il nostro movimento calcistico Totti è ormai un caso più unico che raro.