Roma, 31 agosto 2021 – Francesco Morini quando giocava nella Juventus stoppava i migliori centravanti della Serie A. Oggi, purtroppo, non è riuscito a stoppare l’infarto che se lo è portato via.
Aveva 77 anni, si trovava a Forte dei Marmi, dove stava trascorrendo questo scampolo di vacanze estive.
Il ricordo che ho di lui è legato ad una bella vittoria della mia Roma, che quel giorno sconfisse la grande Juventus 1-0 proprio grazie ad una sua autorete.
Era il 16 marzo del 1975, e all’Olimpico Morini segnò nella sua porta al 72’.
Alla fine di quel campionato, però, la sua Juventus vinse comunque uno dei 5 scudetti che si è messo personalmente in bacheca e la Roma arrivò terza. Secondo il Napoli.
Anni ’70, piombo nelle strade, creatività nelle teste dei ragazzi e partite che si trasformavano spesso in battaglie, soprattutto nelle aree di rigore.
Che erano il regno di Morini, detto “Morgan” perché, come il leggendario pirata, strappava il pallone dai piedi dei centravanti avversari.
A questi si incollava dal 1’ al 90’ minuto, perché nel calcio in cui giocava lui c’erano ancora la marcatura a uomo, i numeri fissi, le partite tutte alla domenica pomeriggio e le maglie più belle di sempre.
E dato che lui giocava da stopper (che oggi si direbbe “marcatore centrale”) il suo compito era proprio quello di non far segnare il centravanti avversario. La prima punta dell’altra squadra.
La seconda (o ala sinistra) toccava al terzino destro. A sinistra c’era il terzino fluidificante e dietro a loro giostrava il libero, che in quella Juventus era il grandissimo Gaetano Scirea.
Con il quale Morini componeva una delle migliori coppie centrali del campionato, anche se Scirea riuscì a diventare immenso pure in nazionale mentre Morini no.
La sua unica esperienza azzurra, infatti, fu quel Mondiale del ’74 dal quale uscimmo subito. Poi poco più. Undici presenze e nessuna rete, come nessuna ne ha segnata con la Juventus in 377 partite ufficiali.
Ma il suo compito non era fare i gol, bensì non far segnare il più pericoloso degli attaccanti della squadra avversaria che si andava ad incontrare.
E in questo ci riusciva benissimo. Sia nella Sampdoria, con la quale si era messo in luce, sia con la Juventus, della quale divenne un simbolo nei duri anni ‘70.
Se ne è andato così un altro grande del calcio che abbiamo amato di più.