Roma, 18 giugno 2020 – L’abito non fa il monaco! È proprio vero. Da queste colonne è stato detto è ripetuto: Gennaro Gattuso, a dispetto della apparenza ruvidità, è tutt’altro che un autodidattica calcisticamente parlando.
Le sue indubbie fortune nel football – come giocatore e come allenatore – sono il frutto diretto di studio e lavoro mirati ed applicati negli anni.
Come allenatore “Ringhio” – 42 anni da Corigliano Calabro – si è laureato a pieni voti all’Università pedatoria di Coverciano, per poi, con coerenza, applicare sul campo gli ultimi ritrovati di una scienza che è in perenne evoluzione.
La maggior parte dei tecnici, anche celebri e strapagati, rimangano in genere praticamente attestati sulle posizioni tecnico-tattiche che li hanno portati al successo. Gattuso no. Studia e si aggiorna continuamente. E spiazza tutti, pur grandi e celebrati, si chiamino Liverpool di Klopp, Barcellona di Messi o Juventus di Sarri.
Non c’è niente di intuitivo o casareccio nel calcio di Gennaro Gattuso. È tutto frutto di scelte operative basate sull’applicazione di quanto prodotto in giro dall’evoluzione tecnico-tattica di questo sport.
Mettiamo la conquista della Coppa Italia, primo traguardo di questa incredibile stagione del Corona Virus.
Come ha fatto il Napoli ad ingabbiare la grande Juve? Non certo grazie ai nomi dei propri giocatori nè sul computo della sommatoria del valore dei loro cartellini!
Ha sostanzialmente costretto alla resa la formazione di Cristiano Ronaldo, imponendole di giocare in spazi angusti dove gli straordinari solisti bianconeri non trovavano spazi per imporre la propria superiorità negli uno-contro-uno.
Le Superstar juventine – da Ronaldo a Dybala a Douglas Costa – si sono così miseramente annullati l’un l’altro senza mai trovare il bandolo della matassa.
Monumenti mondiali del calcio improvvisamente sulla via del tramonto?
No. È altrove la responsabilità!
Il gioco cortissimo imposta dal Gattuso, non è frutto di una mossa preparata il giorno prima a tavolino. Ma il frutto evidente di un lavoro certosino fatto per settimane e mesi dal tecnico calabrese nel corso di allenamenti ripetuti fino alla noia. Fino a che il “sistema” non fosse stato assimilato ed accettato coralmente. Schemi che devono diventare abito mentale per avere successo.
Si guardi il film di questa partita (questa, non un altra qualsiasi). Avversario: la Juventus dei record.
Il tema è stato sempre quello. Napoli che, attaccato, si faceva sempre più corto, arretrando, togliendo spazio vitale alla Juve. Quando il pallone cambiava padrone, fin dal portiere Meret, gli azzurri davano luogo ad un prolungato “possesso palla” partendo dalla propria area del portiere.
Il pressing difensivo abbozzato dei Big bianconeri non risultava, però, adeguato alla bisogna ed aveva solo la conseguenza di costringere la Juve all’ “Ordine Sparso” ed al consumo di tesori di energia. Dispendio che, nella ripresa, ha provocato la fatale debacle psicofisica bianconera. Denunciando, per giunta, la stessa carenza di preparazione adeguata mostrata contro il Milan in semifinale.
La rete tessuta dal Napoli per ribaltare una situazione di inferiorità tecnica collettiva, comportava non pochi rischi, se attuata malamente.
Infatti gli unici pericoli corsi dalla rete di Meret sono pervenuti a seguito di palloni mal giocati in fase di ripartenze dalla difesa.
Un rischio inevitabile (ma ben calcolato nel suo complesso) che ha finito per tagliare le ali alla Juve logorandola progressivamente fino a consegnarla nel finale al Napoli.
La sempiterna bravura di Gigi Buffon ed i pali, hanno evitato la sconfitta juventina nei tempi regolamentari . Ma la depressione psicologca subentrata fra le fila bianconere ha poi condotto ai due sciagurati errori di Dybala (per altro il miglior juventino) e di Danilo ai calci di rigori, conclusisi 4-2 per il Napoli.
Successo, dunque, meritato per il Vesuvio nel primo Trofeo importante della Stagione..
Quanto al duello Gattuso-Sarri?
Non c’è stato! L’ex tecnico del Napoli ha provato a fare pressing difensivo ma non c’è riuscito. Evidentemente non ha lavorato abbastanza. La situazione pressing non dovrebbe essere presente nel suo DNA tecnico!
Ha pensato però, con il notes in mano, a presentare una squadra offensiva schierando tutti gli attaccanti disponibili: da Dybala a Ronaldo; da Douglas Costa a Quadraro. Quindi ha lanciato in campo Bernardeschi. Ma – siccome, per passare dalla fase difensiva a quella offensiva, impiegava una manovra troppo lenta ed elaborata – alla fine la squadra non trovava più spazi. E finiva per perdere il pallone, senza risultati.
Anche ieri, come contro il Milan in semifinale, perciò: grandi attaccanti; ma zero reti.
Un po’ troppo poco!
Prossima difesa sarriana?
Sulla scia di Antonio Conte (Inter): richiesta di nuovi giocatori di talento; torniamo sul mercato !
Ed in Casa Agnelli? A dire dal sorriso franco e sportivo del Presidente Andrea Agnelli alla Premiazione della Finale, l’atmosfera non sembra delle peggiori.
La sensazione è che la debacle sia giunta più che opportuna per giustificare l’atteso cambiamento di panchina. Questione di ore o di giorni!
Intanto il Napoli “povero” di De Laurentii, Gattuso vola!
La finale di Coppa Italia offre spunti decisivi anche sul piano di interesse più generale.
L’arbitraggio telecomandato di Orsato nella Semifinale fra Juventus e Milan, aveva fatto temere che le partite a porte chiuse venissero praticamente consegnate all’arbitrio del gruppo di addetti con voce in capitolo nella conduzione della gara.
Ovvero: Primo Arbitro, Guardalinee, Quarto Uomo, Var, Assistente Var, telecamere sulla linea di porta. Ognuno dei quali titolato ad intervenire sull’accaduto, offrendo consigli , consulenza e richiamando l’uso del mezzo televisivo. In sintesi a spaccare il capello. Dividendo, in sostanza, le responsabilità fra nove ipotetiche intromissioni.
Chiaramente l’esito della semifinale di Juve-Milan fu condizionato dall’espulsione teleguidata di Rebic, dopo un quarto d’ora. E così la stessa presenza bianconera all’Olimpico ieri sera.
Da quanto è avvenuto successivamente in Napoli-Inter e nella Finale all’Olimpico, sembrerebbe che l’episodio abbia fatto suonare un significativo segnale di allarme nel Palazzo arbitrale e prodotto un qualche importante intervento.
In tempi di Corona Virus – e di Stadi deserti ed assenza di alcun tipo di pressione psicologica – l’arbitro principale, quello con il fischietto, deve ritrovare il suo ruolo di responsabile della conduzione, anche politica, della partita. Non limitarsi a fare da notaio delle intrusioni altrui.
Sotto l’aspetto dell’autorevolezza, il fiorentino Gianluca Rocchi (Napoli-Inter) ed il viareggino Daniele Doveri (Napoli-Juve) sono risultati assolutamente perfetti evitando di cercare sponde o consensi alle proprie decisioni.
Var, Quarto Uomo (e compagnia arbitrando) se ne sono stati tranquillo al posto che loro compete evitando ogni guaio. E tutti se ne sono giovati.
Comunque. a prescindere dalla apertura e chiusura degli stadi al pubblico, l’accaduto è un provvidenziale insegnamento di cui fare tesoro per ogni futuro.