Roma, 7 marzo 2018 – Che impresa! Andare a vincere a Wembley contro il Tottenham e dopo essere passati in svantaggio sul finire del primo tempo lo può fare solo una grande squadra.
E la Juve è una grande squadra. Anche perché per conquistare la qualificazione ha dovuto soffrire e arrabbiarsi, come nel caso del rigore clamorosamente negatole per il fallo (netto) di Vertonghen su Douglas Costa quando si era ancora sullo 0-0.
O come nel caso del gol subito al 39’ ad opera di Son, un coreano del sud forte davvero e, a tratti, incontenibile.
Due mazzate che avrebbero steso qualunque squadra, non questa Juve, che è rientrata in campo risistemata dal suo allenatore (dentro Lichtsteiner per Benatia e formazione più quadrata) e con la voglia di spaccare Wembley e conquistare una qualificazione che, a quel punto, sembrava andata. E con tigna, volontà, tenacia e autostima la Juve, a Wembley, lo ha spaccato davvero.
Per riuscirci le sono bastati tre minuti. Quelli che vanno dal 64’, quando ha pareggiato Higuain con una delle sue solite zampate a centro area, al 67’, quando Dybala, splendidamente lanciato dallo stesso Higuain, ha segnato il 2-1 della qualificazione. Poi c’è stato l’arrembaggio del Tottenham e il palo colpito da Keane proprio al 90’. Era partito in fuorigioco, è vero, ma l’arbitro (pessimo) non se ne era accorto e se quel pallone, poi spazzato via dalla linea di porta da Barzagli, fosse entrato ci sarebbero stati i supplementari.
E chissà come sarebbe finita. Invece è passata la Juve, che ora attende di conoscere con chi avrà a che fare nei quarti.