Roma, 13 giugno 2020 – Si pensava che la micidiale pandemia potesse aver partorito, per reazione benigna, qualcosa di nuovo, di almeno più fresco. Ed, invece la semifinale di Coppa Italia Juve-MIlan di ieri sera a Torino ha confermato tutti i difetti di sistema, quelli, cioè, che illanguidiscono la storia recente del calcio italiano.
Ameno da quando, sciaguratamente, qualcuno (la classe arbitrale) è riuscita ad imporre il sistema del VAR – moviola in campo.
Ieri, quale occasione migliore, per una perfetta direzione di gara – arbitro in campo, due guardalinee, sistema automatico per segnalare se il pallone ha superato la linea di porta, quarto uomo, Var e Assistente. Il tutto in un contesto a porte chiuse con i suoi migliori giudici in campo.
Nessun tipo di pressione psicologica da parte di un pubblico inesistente, giocatori preparatissimi a non discutere e fare ressa, distanziamento sociale, fair play.
Nulla ad impedire una condizione di gara dove “vinca il migliore”.
Ci si aspettava una gara diversa. Esemplare, nuova. Ed, invece, è risultato il festival del “deja vu”. Con la Juve che ottiene calci di rigore e gioca per 70 minuti in vantaggio numerico, che non segna un gol ma passa il turno e va in finale grazie allo 0-0.
Sembra che a Casa Agnelli finalmente Sarri abbia fatto arrivare l’atteso “algoritmo” vincente e divertente.
Scherzi a parte.
Come è stato più volte ribadito nel passato, considerando altri tipi di “algoritmi vincenti”, la prima danneggiata da certi favorini non rischiesti, è stata proprio la formazione bianconera.
Ieri sera, per esempio, la Juve stava facendo una partita esemplare: ottimamente orchestrata a centro campo da un maturato Bentacur, con un trio offensivo mobile ed irresistibile – Dybala-Ronaldo-D. Costa – una difesa agile e pronta al dialogo stretto, finalmente sembrava la squadra dal calcio totale attesa da oltre un anno di conduzione Sarri.
Moderno e pimpante anche il pressing tutto campo sugli avversari.
La Juve giocava e creava in continuazione situazioni da rete. Il Milan era in sua balia.
Insomma un match da spettacolo e goal.
Tutto fino al quarto d’ora. Quando gli arbitri hanno deciso di diventare loro i protagonisti.
Orsato non si accorge che Conti tocca la sfera con il gomito in area rossonera. Forse, invece, nota il contatto successivo con il braccio di Ronaldo. Lascia perciò correre. Ma Aureliano (il Var) lo richiama. Lui, buono-buono , va al Monitor ed assegna il rigore alla Juve.
Dopo il palo colpito da Ronaldo, il gioco prosegue e Rebic, alla maniera acrobatica di Ronaldo , alza alle stelle un piede per recuperare il pallone , ignorando che tra la sua estremita ed il pallone c’è la sagoma di Danilo..
Orsato, saggiamente, comincia a sfilare il cartellino giallo, ma, a scanso di equivoci, impatta lo sguardo del quarto uomo Massa. Questi, espressivamente, gli “consiglia” il cartellino rosso dell’espulsione diretta.
Juve-MIlan. La grande partita che doveva rilanciare (anche nel mondo) il calcio italiano, termina quì, dopo 15 minuti.
Come dicono a Napoli: “Chi ha avuto ha avuto, chi ha ‘rato, ha ‘rato, scurdammoce ‘o passato…”.
Alchimie pro ammnistrazione del vantaggio del gol segnato nella gara di andata, impegno estremo del Milan, prendono il sopravvento. Sul campo, i bianconeri di Sarri perdono la magnifica concentrazione e il calcio juventino ed italiano, vengono spediti a quel paese.
Faccenda più triste è che il “de ja vu” non riguarda solo gli addetti ai lavori in campo, riguarda, soprattutto, gli operatori della comunicazione che attorniano il calcio.
La corsa è sempre quella: ha fatto bene Orsato o ha fatto male? Il rigore c’era o non c’era? Il fallo di Rebic era da rosso o giallo?
Il nocciolo vero della questione non viene neanche sfiorato: che fine hanno fatto i nostri arbitri senza uno stuolo di “assistenti”? Per giunta assieme a lui, tutti ben remunerati? Per un impegno comodo comodo, senza tema di essere presi a bottigliate dagli spalti!
Scontatamente il coro mediatico è pro l’istituzione (che poi infelicemente coincide con Juve): tutto giustissimo; tutto chiaro e netto! Il successo finale della Juventus non deve essere messo in dubbio da nulla. Se no, è la fine!
Questa è l’impostazione generale: non tocchiamo il giocattolo. Juve o non Juve! Anche se a rimetterci in fondo proprio la Signora!
Ma, invece no! Qui, occorre intervenire. Ci vogliono davvero gli Stati Generali.
Il calcio andrà avanti per lunga pezza in Tv , senza spettatori. Con arbitro e calciatori soli nell’arena.
Orsato , the Best, ha mostrato ieri chiaramente di non farcela da solo. Si è abituato ad avere il supporto indispensabile di un folto gruppo di persone che lo aiutano nei momenti difficili… e su cui scaricare ogni responsabilità. Sì è abituato, come gli altri, a dirigere il calcio in poltrona.
È una sorte di robot che fa quello che gli dicono gli altri, che vedono meglio.
I Lo Bello od i Collina di un tempo, avrebbero amministrato con facilità l’accaduto di ieri. Non avrebbero alambiccato ragionamenti tortuosi per venire a capo di una situazione gestibile da solo. Senza cercare il confronto dello strumento cibernetico.
“Cara Juve ti ho appena dato un rigore, che non ho visto, dando retta alla moviola. Ora non ti posso anche far giocare con un uomo in più per settanta minuti in una partita che guardano in TV decine se non centinaia di milioni di persone! E poi per un fallo che per me era da giallo, ma che il quarto uomo considera da rosso!”
Non me ne frega niente di ciò che dice il manuale dei consigli tecnici per l’arbitro in tali circostanze. Il Milan, ora, non può rimanere in dieci. E poi, magari, alla Juve arriva un altro rigore strada facendo….
A me, all’arbitro di turno, non deve importare un bel nulla che la moviola propenda in un senso od in un altro. Responsabilità dell’arbitro, soprattutto al tempo del Corona Virus, è quella di far funzionare il cervello. Quello umano, naturalmente; non robotico.
Ed allora andrà veramente tutto bene!.