Roma, 11 marzo 2023 – Per l’anagrafe è “Giancarlo De Sisti”, ma per tutti, da ormai mezzo secolo, è solo “Picchio”.
Il soprannome che gli venne dato quando giocava per il fisico piccolo e pieno di energia che aveva e per il suo continuo correre in campo, dove lo trovavi dappertutto.
Scriviamo subito che Giancarlo De Sisti è stato uno dei centrocampisti più forti della storia del calcio.
Leader della sua amata Roma, con la quale aveva esordito nel 1960, a soli 17 anni, poi della Fiorentina, l’altra squadra della sua vita, quindi della nazionale italiana.
Con la quale ha vinto gli Europei del 1968 ed è arrivato secondo ai Mondiali in Messico del ’70, battuto solo dal grande Pelé.
“Il giocatore più forte che ho affrontato nel giorno della mia delusione sportiva più grande” mi disse in una delle tante interviste che gli ho fatto nei miei trent’anni di giornalismo.
Perché De Sisti, con me, è stato sempre molto disponibile, dimostrandosi in ogni occasione quel signore che è.
Non ultima quella che lo ha visto protagonista della presentazione del mio libro sul terzo posto della Roma 1974-75, alla quale è intervenuto rubando a tutti la scena.
Perché quando comincia a raccontare gli aneddoti della sua splendida vita calcistica diventa quasi irrefrenabile. E tu che lo ascolti finisci con l’esserne rapito.
Il tutto raccontato sempre con la sua inconfondibile cadenza romana, che non ha perso neanche durante i tanti anni passati a Firenze. Prima come giocatore, poi come allenatore.
In riva all’Arno, quando giocava, ha vinto lo scudetto 1968-69 con una squadra che fu definita la “Fiorentina ye ye” per la giovane età di tanti dei suoi protagonisti.
E che per questo e perché con la sua vittoria aveva rovesciato il potere costituito del calcio italiano, ben si prestava ad essere il simbolo di quelle rivolte giovanili che stavano scoppiando in tutto il mondo.
Ma era nella sua Roma che De Sisti aveva lasciato il cuore, tanto che, narra la leggenda, un giorno per la Roma pianse pure di gioia … Ma da avversario.
Accadde in un Roma-Fiorentina in cui ai giallorossi servivano punti per salvarsi. Prima fece il professionista servendo a Desolati la palla dell’1-0 per la loro Fiorentina.
Ma poi, quando Scaratti pareggiò salvando la Roma dalla retrocessione, gli uscirono le lacrime dagli occhi.
Proprio come gli accadde alla fine del derby vinto dalla Roma (nella quale intanto era tornato per chiudere la carriera) con un suo gol l’1 dicembre del 1974.
Alla fine della partita i tifosi giallorossi gli regalarono un elmo da antico romano “…che conservo ancora oggi molto gelosamente” mi ha detto più volte.
Alla Fiorentina è tornato come allenatore all’inizio degli anni ’80 e l’ha guidata al secondo posto nella stagione 1981-82.
L’A1 Roma-Firenze l’ha conosciuta a meraviglia, così come il calcio, del quale è stato uno dei grandissimi.
Sempre con il 10 sulle spalle, il numero dei campioni.
Perché “Picchio” De Sisti è stato un campione sia in campo che nella vita.
Auguri “Picchio”, di vero cuore, per i suoi primi ottant’anni. E grazie per tutto quello che ha dato a questo sport magnifico ma, soprattutto, per la sua signorilità e la sua umanità.
Due dei suoi tanti pregi che per me, che ho avuto la fortuna di conoscerla, sono anche i suoi più belli.
Perché l’uomo viene sempre prima del calciatore.