Riflessioni amare e considerazioni sportive dopo quanto accaduto in Italia-Croazia.
Roma, 18 novembre 2014 – ‘A proposito di Henry’ era un buon film del 1991 con protagonista Harrison Ford, che ci spinge a dire, in riferimento ad Italia-Croazia di calcio, “a proposito di tifosi”!
Si perché quello che è successo domenica sera a Milano è l’ennesimo episodio di inciviltà di matrice culturale. Questa volta non ci riguarda da vicino, come italiani, ma cambia poco e può valere per tante situazioni che avvengono nel nostro sport. Tanti anni fa, almeno fino a metà degli anni ’70, c’era una materia che si studiava fino in terza media ed era l’educazione civica. Più che una materia era una piccola dispensa che veniva inserita nella parte finale dei libri di storia e che aveva lo scopo di “ educare “ i ragazzi sia dal punto di vista giuridico che morale. Oggi la scuola dell’obbligo non sa più cosa sia l’insegnamento dell’educazione civica, oggi il piano di studi è stato senz’altro arricchito di nuove materie più in linea coi nostri tempi , tuttavia è sparito quel prezioso compendio che a nostro modesto avviso era l’anticamera anche dell’educazione “ sportiva “. Può sembrare anacronistico nel terzo millennio trattare l’evento sportivo solo per l’aspetto ludico, ben conoscendo quello che rappresenta la componente denaro. L’accettazione del verdetto del “ campo “senza isterismi è diventata pura utopia ed assistiamo a varie esternazioni solo perché si è investito del denaro, in nome di un ritorno economico costi quel che costi. Non è possibile ascoltare nei post-partita commenti tesi sempre alle giustificazioni più banali e che quasi mai rendono onore alla bravura dell’avversario.
Gli imbecilli ed i mestatori del torbido stanno dappertutto, piuttosto nessuno che prenda cappello e studi il problema alla radice. Perché non si riesce a metabolizzare la sconfitta in una partita di calcio? Perché i drammoni esistenziali per un passaggio di turno mancato oppure per uno scudetto sfumato o ancora una retrocessione magari ingiusta?
Ritorniamo al principio della nostra riflessione, ossia manca una cultura sportiva che è figlia di un senso civico pressoché inesistente nelle nuove come nelle vecchie generazioni. Qualche anno fa in una intervista televisiva, a commento dei mondiali di calcio del 1994 svoltisi negli USA, l’allora Commissario Tecnico Arrigo Sacchi dichiarò che il titolo mondiale fu meritatamente vinto dal Brasile, in luogo degli azzurri, perché, nell’arco della manifestazione, meglio avevano giocato. Sacchi fu molto sereno nella sua disamina non accampando nessun rimpianto per una finale tutto sommato persa ai rigori, rendendo merito e ringraziando comunque i suoi giocatori per il secondo posto. Dall’indomani si scatenò l’inferno, Sacchi fu crocifisso in sala mensa come direbbe Fantozzi e di fatto la sua “ cultura della sconfitta “ fu derisa e sbeffeggiata.
Bisogna partire da un anno zero ed investire sui bambini della prima elementare e far si che dopo qualche anno, quando in adolescenza cominceranno a frequentare stadi e palazzetti, avremo finalmente un pubblico educato, abituato mentalmente ad applaudire la prodezza dell’avversario, ad accettare gli atleti multirazziali senza accoglierli con quegli odiosi buuuu.
Grande responsabilità sarà anche di chi scrive, cercando di “ spiegare “ l’evento sportivo senza esasperare gli animi e senza giustificare la sconfitta a tutti i costi.
Altrettanto grande la responsabilità oltre che della famiglia e della scuola sarà anche degli istruttori sportivi che oltre alla tecnica ed alla tattica dovranno insegnare il rispetto dell’avversario e l’accettazione dei ruoli con buona pace di qualche genitore che all’esterno continuerà ad inveire perché il proprio figliolo-campione gioca poco o batte i…… falli laterali.