Roma, 23 maggio – A Bergamo lavorano bene e l’Europa League che hanno appena vinto è il giusto coronamento a tutto quello di buono che hanno fatto nell’ultimo decennio.
Un lavoro che ha trasformato in una grande società e in una grande squadra la “regina delle provinciali”.
Come era chiamata l’Atalanta perché, delle squadre non appartenenti alle città metropolitane italiane, era quella che aveva partecipato a più campionati di Serie A di tutte.
Da ormai molte stagioni l’Atalanta è grande tra le grandi del nostro calcio e questo posto se lo è meritato con una politica societaria oculata ed adeguata.
La famiglia Percassi, infatti, ha gestito come meglio non avrebbe potuto il bene al quale è più affezionata, ben coadiuvata dalla cordata americana che detiene la metà delle azioni della società “La Dea s.r.l.” che controlla l’Atalanta.
Una partnership, quella dei Percassi e degli americani, che funziona anche e soprattutto perché questi ultimi, per gestire l’Atalanta, si sono affidati ai primi, che di calcio ne capiscono ben più di loro.
Anche se nel Consiglio di Amministrazione gli americani hanno quattro membri e la famiglia Percassi tre, con il patron Antonio che ne è il presidente (carica che ricopre dal 2010, quando acquistò il club), il figlio Luca che fa l’amministratore delegato e Stephen Pagliuca, principale azionista americano, il copresidente.
I Percassi, scrivevamo, di calcio ne capiscono molto. Papà Antonio, infatti, in gioventù è stato anche un calciatore dell’Atalanta, prodotto di quel vivaio sempre molto prolifico che, oggi, ha portato ad essere titolari Scalvini e Ruggeri.
Mentre in passato ha costantemente rifornito di campioni e ottimi giocatori tutto il nostro calcio.
Due di loro, Mancini e Cristante, ad esempio, giocano in quella Roma americana che per tornare ad essere realmente competitiva dovrebbe fare proprio come l’Atalanta che per metà è dei loro connazionali.
Quelli che a Bergamo si sono affidati a gente di calcio per portare il club a questi livelli. Oltre ai succitati Percassi, Giovanni Sartori, Gian Piero Gasperini, Tony D’Amico.
Sartori è stato il ds che, con i suoi ripetuti colpi di mercato, dal 2014 al 2022 ha trasformato l’Atalanta in un grande club, prima di andare a fare lo stesso al Bologna.
Di Gasperini inutile dire molto: ai più è antipatico, ma come allenatore è eccezionale, come aveva fatto capire anche quando sedeva sulla panchina del Genoa.
Perché come quel Genoa anche la sua Atalanta gioca benissimo, fa innamorare di se i suoi tifosi e ruba l’occhio allo spettatore neutrale. Per molti è uno di quelli che hanno cambiato il calcio moderno. Ci sta!
È all’Atalanta dal 2016, insistenti voci di mercato lo vorrebbero in procinto di andare al Napoli, ma secondo noi a Bergamo ha trovato la sua dimensione più giusta, dunque gli consiglieremmo di restare.
Tony D’Amico è il ds che ha preso il posto di Sartori senza farlo rimpiangere, perché è un altro che sa come si lavora bene sul mercato e quali talenti prendere a costi non proibitivi e adatti alla squadra.
Insomma, non parlate di “miracolo Atalanta”, perché la vittoria in Europa è solo figlia della programmazione, del saper lavorare come si deve e di tanta competenza da parte di tutti.
I complimenti sono d’obbligo!
Foto: TUTTO mercato web