Calcio

Europa League. Inter alla resa di Conte. In tilt o harakiri?

Roma, 22 agosto 2020 – A molti sportivi ed osservatori attenti, la gestione della finale di Europa League questa notte da parte di Antonio Conte, è sembrata condotta quasi a dispetto di qualcuno, una sorta di Harakiri voluto.
Che fine aveva fatto l’egregia Inter che aveva travolto a Dusseldorf 5-0 lo Shakhtar Donetsk in semifinale?

Sì, la formazione iniziale era la stessa. Ma poi?

Che fine aveva fatto a Colonia il pressing alto che aveva in semifinale progressivamente smantellato gli ukraini? Con Lukaku e Lautaro ad inseguire ed aggredire i difensori avversari quando tentavano di imbastire il possesso palla a partire dalla loro difesa! E con tutti gli altri componenti dell’equipe neroazzura pronti a seguire il loro esempio ed a braccare ogni avversari verso cui si dirigesse il pallone.
Questa manovra tattico-tecnica determinante, in realtà non è esistita ieri notte. Motivo: non pervenuto.
Eppure fin dalla prima battuta si era dimostrata sempre fruttifera.
Dopo 3 minuti, infatti, Barella, di par suo ( sempre lui, il miglior incontrista in circolazione), strappa la sfera ad un avversario sulla propria trequarti. Nota Lukaku in movimento in avanti e lo lancia.
La mole in velocità del bomber mancino belga, fa il resto quando, a contatto con il difensore spagnolo, lo obbliga al fallo in area per fermarlo. Rigore; 1-0 dopo 4 minuti.
Ora il Siviglia di Lopetegui è obbligato ad andare avanti e scoprirsi. L’Inter può colpire di rimessa con i suoi frombolieri.
Si. A patto che la manovra spagnola sia condizionata dal pressing alto.
Ma questo è sparito. Si fa, ma molto, troppo, timido.

Il Siviglia può così portarsi agevolmente nei pressi dell’area di rigore interista e creare le premesse per rendersi pericolosa ed arrivare in rete in qualche maniera. Ovvero con la testa di De Jong ed i grossi limiti di una difesa non adeguata in personaggi come il terzino sinistro Young, un carneade di 35 anni arrivato dal Manchester non si sa bene perchè (visto che nel suo ruolo Conte ha immesso felicemente il talento ventenne Bastoni. L’inglese non dispone di alcun talento, piazzato sulla fascia sinistra nè come difensore, nè come offensore. Un doppione di impaccio anche quale pedina tattica poichè privo di personalità o creatività.
Un elemento assolutamente superfluo che viene infilato nella zona dove l’Inter con Candreva può essere, invece, micidiale come creatore, rifinitore e conclusore sia da vicino che da lontano.
Ma il talentuoso albanese è in panchina, caduto assurdamente in disgrazia. Vittima di qualche disegno altrui.

Che senso ha tutto questo contorcimento? A dispetto? E di chi?

Ancora. Il capolavoro di Conte nella stagione è quello di avere costruito una squadra che in semifinale ha schierato ben 7 giocatori di scuola e nazionalità italiana nel corso dei 90 minuti. Elementi che si sono battuti con furore tattico agonistico senza eguali, sull’esempio del cagliaritano Barella, trascinando anche gli stranieri.
I cambi contro lo Shakhtar a Dusseldorf, sono stati gestiti nella logica del pressing feroce che richiedeva una opportuna politica di cambi per garantire sempre di disporre di energie adeguate e lucidità mentale.
Ma il tecnico pugliese, per ragioni sue misteriose, ieri sera ha rinunciato in partenza al pressing vincente lasciando in panchina 3 dei sette italiani anti-ukraini (Sensi, Biraghi ed Esposito) operando ogni sostituzione (udite,udite!!) solo a 12 minuti dal termine dopo l’autogol di Lukaku.
Quanto a Candreva, è stato inserito al 90′. E non per l’inutile Young, ma per D’Ambrosio, un ottimo colpitore di testa (seconda rete contro lo Shakhtar), utile nell’attacco alla diligenza da parte interista nei 6 minuti di recupero.
Inter e Conte in tilt sotto ogni punto di vista. Come se il giocattolo si fosse improvvisamente guastato, cominciando dalla testa. Pensiamo a Lukaku, protagonista in crescendo a suon di gol, e poi senza i riflessi giusti sia in occasione dell’autorete che per due reti mancate a tu per tu con il portiere spagnolo.
Personaggio sensibile agli umori, il bomber belga deve aver avvertito il malumore creato dal clima negativo creatosi per la discordia fra il tecnico pugliese ed il dirigente Massimo Marotta.
Antonio Conte è uno che non la manda a dire a nessuno. Tanti suoi rapporti con i club con cui lavorava con successi, si sono conclusi con una forte rottura. Questioni di Ego.
Antonio Conte ricorda da presso il suo celebre conterraneo Pietro Mennea, il più grande atleta italiano di tutti i tempi. Campione Olimpico e primatista mondiale sui 200 metri.
Mennea costruì la sua figura sportiva con una vita da vero certosino in ritiro permanente in quel di Formia fra allenamenti e diete. Sacrifici permanenti durati decenni che il barlettano riusciva a realizzare motivandosi attraverso il meccanismo mentale di crearsi attorno nemici. A cominciare dagli stessi dirigenti che avevano cura di lui. Nel caso, il capo dell’atletica Italiana e Mondiale Primo Nebiolo.
Ma anche tanti giornalisti, tutti rei di non capirlo o sfruttarlo. Una sorta di utile mania di persecuzione.

Come il barlettano, Antonio Conte non recita al fine di ottenere vantaggi materiali. Va in rottura perchè gli va la mosca al naso per qualche ragione che vuole evidenziare o neutralizzare.
Che fra lui e Marotta non corra buon sangue è cosa ormai accertata.

Le ragioni interessano relativamente. Affari loro e della proprietà cinese. Restano i fatti che si desumono dai toni ed i contenuti espliciti delle conferenze stampa tenute da Conte alla vigilia e dopo la partita.
Il tecnico voleva denunciare, prima e dopo, qualcosa che sfugge ai non protagonisti . Certamente una manifestazione di malessere esistente fra conduzione tecnica e quella societaria. Un clima di incertezze ovviamente non giovevole ad atleti chiamati ad una prova importantissima. e speciale. Per non parlare dalla lucidità mentale dello stesso tecnico.

Ma ormai Conte aveva deciso: “Muoia Sansone con tutti i Filistei! Risultato finale: Siviglia batte l’Inter per 3 a 2!… 

Il risultato immediato: un clima nella squadra non giovevole per esprimersi in campo con la massima concentrazione.

Quello che è accaduto a Colonia è in piena linea con gli accadimenti. La conferenza stampa a Colonia di Conte, è suonata come l’addio all’Inter di questo personaggio difficile, bravissimo ed orgoglioso.
La proprietà cinese non può rimanere alla finestra a guardare. Nè schierarsi a favore del tecnico. Un precedente pericolosissimo! Anche se Conte ha svolto un ottimo lavoro.
Il successore? I media (con poca fantasia!) predicono Allegri. Affari dell’Inter!

Agli sportivi italiani interessa che questa Inter di fine stagione Corona Virus, continui il suo cammino e che esistano anche 7 giocatori italiani (ben rodati), a disposizione del C.T. Mancini quando arriverà il momento di schierare in campo l’Italia azzurra.

Giacomo Mazzocchi

Giacomo Mazzocchi, giornalista professionista, è stato capo redattore di TuttoSport, capo della redazione sportiva di Telemontecarlo, direttore della comunicazione della Federazione Mondiale di Atletica Leggera e direttore della comunicazione della Federazione Italiana Rugby. Vanta una vasta esperienza suddivisa fra giornalismo scritto e video con direzione e gestione di giornali, pubblicazioni, redazioni televisive, telecronache, conduzioni e partecipazione televisive. Cura l'organizzazione e produzione tv di eventi e uffici stampa
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