Roma, 2 ottobre 2017 – Eusebio Di Francesco è un brav’uomo e un bravo allenatore. E i fatti lo dimostrano, alla faccia di chi (e sono tanti) a Roma lo accolse con molto scetticismo e tanti sorrisini stupidi. Perché Roma è così: si innamora dei grandi nomi e di chi fa le battute ad effetto e poco dei lavoratori seri, che parlano bene e producono molto. In 6 giornate (la Roma deve recuperare la partita contro la Sampdoria), comprese la difficile trasferta in casa dell’Atalanta e i due big-match con le milanesi, Di Francesco ha conquistato 15 punti, frutto di 5 vittorie e una sconfitta ed è diventato l’allenatore con il miglior rendimento dopo il passaggio da una provinciale ad una big.
Ha fatto meglio di Allegri, che nel 2010-2011 passò dal Cagliari al Milan raccogliendo 11 punti in 6 gare senza giocare big-match (vittorie con Lecce, Genoa e Parma, pareggi con Catania e Lazio, sconfitta a Cesena). Ha fatto meglio di Sarri nel 2015: 9 punti nelle prime 6: sconfitta col Sassuolo proprio di Di Francesco, pareggi con Samp, Empoli e Carpi, vittorie contro Lazio e Juve.
Ha fatto meglio di Spalletti, quello che ha conquistato meno punti di tutti dopo il salto da Udine a Roma: 8 nelle prime 6 gare, caso Cassano pronto ad esplodere e Rosella Sensi che voleva mandarlo via. Restò sulla panchina giallorossa per le buone intercessioni di Bruno Conti e Totti (pensa un po’, quando si dice la riconoscenza …), che convinsero la figlia del presidente a tenerlo. Poi Spalletti si riprese e con quella Roma vinse due coppe Italia e una Supercoppa, inventò Totti come finto nove e lo aiutò a vincere la Scarpa d’oro. Sfiorò uno scudetto e arrivò tra le prime otto d’Europa per due stagioni.