Mentre Il Barcellona inventava il calcio tiki-taki cioè il possesso palla corto e veloce, preparatorio ad improvvise incursioni a rete. In Italia arrivava solo il possesso palla , cioè un sistema per annoiare il pubblico e perdere tempo. La Roma tre anni or sono fece giungere da Barcellona Luis Enrique, ma neanche lui riuscì a vincere le resistenze dei giocatori abituati al gioco all’italiana: difesa , difesa e contropiede. Dopo un anno ha dovuto far fagotto ed andare a rivincere in Catalogna.
La carenza più grave del calcio italiano degli ultimi anni, oltre a quella di produrre pochi campioni, è stata quella di perseverare su moduli tattici difensivistici, con baricentri spostati all’indietro e gare miranti soprattutto alla distruzione del gioco avversario , lasciando liberi gli avversari di giocarsi tranquillamente i propri palloni. La Juventus giocando così ha vinto sei scudetti consecutivi, ma poi contro il Real Madrid ha dovuto arrendersi per inferiorità tecnica e tattica manifesta.
Perché è tanto difficile giocare come gli spagnoli? Presto detto. Il Tiki-Taki – grazie al quale a Barcellona Messi entra nella rete avversaria con il pallone al piede – è figlio del pressing, cioè dell’aggressi0one coordinata ed esasperata degli avversari quando questi hanno il possesso del pallone. Il pressing non lo può fare un singolo giocatore. Lo devono fare tutti, anche i campioni rischiando anche di correre a vuoto.
Richiede cervello, allenamento e soprattutto spirito di sacrificio.
In Italia a capire e tentare l’unica strada che può mettere in crisi una formazione tecnicamente più dotata sono stati alcuni allenatori provinciali come Di Francesco a Sassuolo e Sarri a Pistoia. Altri giovani hanno seguito. Agli squadroni il messaggio non è ancora arrivato. Sarri ha tentato a Napoli, riuscendovi soltanto parzialmente contro le formazioni più deboli. Allegri ad un certo punto della stagione,quando ha cercato di spostare il baricentro della Juventus in avanti, ci ha provato con qualche successo, ma poi le diatribe con i giocatori come Bonucci e la paura di sbagliare lo hanno fatto tornare all’antico e fare una pessima figura nella finale della Champions a Cardiff contro il Real Madrid.
Gigi Di Biagio, invece, era riuscito di portare avanti il progetto rinnovamento-pressing per la Nazionale U21. Il cammino degli Azzurrini negli Europei U21 di Polonia è frutto tutto del lavoro fatto dal tecnico romano che certamente non ha la bacchetta magica ed anche lui è soggetto ad errori sul campo, come nel caso della scelta dei giocatori e soprattutto nel gioco delle sostituzioni.
Dopo il successo 2-0 sulla Danimarca. Il 3-1 subito dalla Repubblica ceca è frutto di una formazione varata pensando più al turnover che alla vera sostanza. Anche i cambi sono stati sballati.
Certamente non si vince di solo pressing.
Contro la Spagna, si ampliano gli elementi che hanno giocato contro. In primis le squalifiche del difensore Conti ( importante soprattutto in fase di pressing, di costruzione di gioco ed anche in zona gol) e della migliore punta azzurra Berardi. Ne ha sofferto palesemente tutto l’impianto. In secondo luogo il Donnarumma sceso in campo a Cracovia era un ragazzo di 18 anni frastornato dalle vicende relative al suo futuro. Nessuno lo ha risparmiato. Il secondo gol di Saul Gigio Donnarumma non lo avrebbe mai incassato.
Malgrado queste premesse , grazie ad u n discreto pressing l’Italia U21 ha retto molto bene la sfida contro gli iberici nel primo tempo. Poi nella ripresa sono saltati i nervi di Gagliardini… e Di Biagio ha la grave responsabilità di non essere intervenuto.
Il giocatore ex atalantino e dallo scorsa stagione interista, già era stato protagonista di scontro duri contro la Germania. Inutili perché i tedeschi in quella partita hanno giocato per l’Italia volendo arrivare secondi nel girone. Gagliardini addirittura aveva presso per il collo Maimilian Arnold che ha promesso vendetta.
Già nel primo tempo Gagliardini aveva effettuato un paio di interventi sopra le righe costringendo l’arbitro a riprenderlo verbalmente. Nella ripresa dopo un paio di minuti, nuovo intervento molto falloso: cartellino giallo ! Il rosso dell’espulsione ormai gravita nell’aria. Ma Di Biagio non fa nulla. Dopo 5 minuti nuovo intervento cattivo e gratuito a centro campo. Ed arriva l’espulsione: l’Italia è in 10 e nulla può ormai fare per frenare la Spagna. Con un uomo in meno non si può fare neanche il pressing. Partita finita. Saul va subito in rete. Bernardeschi riesce a pareggiare in inferiorità numerica. Ma è il canto del Cigno, e la dimostrazione che in parità numerica la partita poteva essere ancora giocata.
Dunque bravo, bravissimo il tecnico Di Biagio che manda alla Nazionale Maggiore un cospicuo gruppetto di giocatori validi, modernamente attrezzati e la speranza che anche Ventura si aggiorni sul piano tattico.
Meno bravo, però, il Di Biagio stratega e psicologo.
Siamo fra quelli convinti che l’attività principale che un allenatore di calcio deve svolgere, una volta avviata la partita, non sia quella di esibirsi nel rettangolo dell’area tecnica a spiegare con gesti ed urla (che nessuno capisce) a giocatori (magari dall’altra parte del campo) quello che avrebbero dovuto fare nell’azione ormai conclusa. Suggerimenti inintellegibili ed inutili poichè difficilmente si riproporrà la situazione testè vissuta.
Quello di utile che può fare l’allenatore (a parte il cambiamento del modulo tattico, comunicabile con un semplice gesto) è valutare la condizione atletico,tattico, mentale dei giocatori e trarne le dovute conseguenze con opportune sostituzioni, cambi di ruolo e via dicendo.
Se non è capace di fare questo. Se tiene in campo un giocatore a rischio, fuori forma e compagnia cantando vuol dire che ha dei grossi limiti.