Il tecnico del Genoa parla della sua amarezza di sportivo dopo aver visto quanto accaduto prima della finale di Coppa Italia e fa sua un’idea che comincia ad avere più di un sostenitore.
“Quanto è accaduto in occasione della finale di Coppa Italia mi ha profondamente turbato. Dopo tutte quelle brutte notizie di cronaca nera non ho avuto più voglia di vedere la partita. Questo è un sistema che non regge più. Forse bisognerebbe fermarsi, perché nel nostro calcio ormai queste cose stanno accadendo con troppa frequenza, quasi periodicamente. E ovunque”, firmato Gian Piero Gasperini, tecnico del Genoa.
Parole dure nei confronti del mondo in cui vive e nel quale, da appassionato sincero, non si riconosce più. Proprio come tanti tifosi normali che si stanno progressivamente allontanando da questo calcio malato e sempre più in mano ai violenti. Basta parlare con i romani che abitano nella zona dello stadio per rendersene conto. Loro, quando ci sono le partite, vivono da blindati in casa e sempre con il rischio di ritrovarsi in mezzo alla violenza. La stessa che ha impaurito quanti si trovavano a circolare per Tor di Quinto sabato pomeriggio.
Quanto è accaduto nella serata della coppa è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un’indignazione sociale per tutto quello che ormai comporta una partita di calcio e che Gasperini ha riportato con le sue parole. Oggi ogni partita richiede una vera e propria mobilitazione anti-sommossa (con le relative spese a carico della comunità, non dimentichiamolo) per evitare che degli sconsiderati trasformino la commedia in tragedia, approfittando dell’insipienza di chi ci comanda e dell’impossibilità delle forze dell’ordine di essere realmente tali. Dunque meglio chiudere per un po’ di tempo il baraccone, eliminare davvero le mele marce dal calcio (che sono ovunque) e ricominciare daccapo con un altro clima. Oggi se una partita deve essere giocata o meno lo decidono i capi delle curve e così non si può certo andare avanti. Ma questa, al momento, è la realtà nella quale ci muoviamo.
La stessa che, tanto per restare in Liguria, ci ha fatto venire in mente il grande Fabrizio De André e quella sua canzone, Don Raffae’, nella quale ad un certo punto, di fronte agli scempi della nostra Italia, si chiedeva, per poi rispondersi: “E lo Stato che fa? Si costerna, si indigna, si impegna e poi getta la spugna con gran dignità!”.